9° posto in campionato, ultimi in (quasi) tutto il resto

9° posto in campionato, ultimi in (quasi) tutto il resto

Era notte fonda quando il calore delle fiamme ha avvolto il silenzio. È la paura quella cosa che fa più male, che ti ronza nel cervello e ti porta a ricordare ogni istante di quell’episodio che vorresti cancellare per sempre dalla tua mente.

Questa notte Federico Gentile, numero 8 del Calcio Foggia 1920 ed ex capitano rossonero, ha ricevuto un duro attacco intimidatorio che ha messo a repentaglio la sua vita e quella della sua famiglia (moglie e due bambini). Ma ormai non fa più notizia. L’episodio è stato ripreso dal TG1, Sky, Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport ed altre testate nazionali.

Consultando il vocabolario della lingua italiana si definisce calcio: “Gioco di origine inglese ( football ), che si svolge fra due squadre di 11 elementi ciascuna su un campo di forma rettangolare, segnato da linee di delimitazione ( linee laterali quelle relative ai lati maggiori, linee di fondo quelle relative ai lati minori); consiste nel fare entrare una palla, che si può colpire solo coi piedi e con la testa, dentro la porta avversaria”.

Il calcio, è un gioco e deve restare tale. Come può uno sport, uno svago, un qualcosa che in tempi non di Covid dovrebbe essere sinonimo di condivisione e aggregazione, partorire atti criminali? Il Foggia Calcio da sempre rappresenta una comunità del Sud che ha vissuto momenti positivi ma da anni, naviga in una melma appiccicosa che ti tira giù nell’oblio.

Il modo di gestire una società può piacere e non può piacere, l’idea di gioco di un mister può essere condivisibile e non condivisibile, ma il rispetto e l’educazione civica sono alla base di una comunità, di una qualsiasi comunità civile.

L’episodio capitato a Federico Gentile è l’ennesimo atto che sottolinea la realtà che i foggiani vivono, un mondo ultimo nella classifica per la qualità della vita.

Una città come Foggia, lasciata per decenni nelle mani di gestori poco competenti, soffre una voragine immensa frutto dell’assenza di cultura. Il tempo scorre veloce ma il cielo sopra la città si fa pian piano più cupo, il germe dell’ignoranza ha contaminato una società che fatica a disintossicarsi da quel veleno invisibile ma estremamente dannoso. Inoltre, non sono da dimenticare i social, un vomitatotio a cielo aperto, un fiammifero costantemente acceso capace di infiammare pian piano un ambiente già abbastanza caldo. Già, i social, la più grande piaga del XXI secolo.

Immaginare Foggia tra 30 anni è difficile, ma tanti la sognano diversa. Ma cosa occorre fare per fermare tutto questo, oltre ad una bella e sana iniezione di…cultura?

Daniel Miulli