Macalli resiste, Lega Pro a pezzi
Le auto blu con i lampeggianti e la scorta hanno lasciato la sede della Lega Pro con un Claudio Lotito in silenzio stampa, ma soddisfatto per il risultato politico: ha vinto lui. Nemmeno il benvenuto di Pino Iodice («E’ miseria umana… Ho altre sue telefonate registrate e anche sms»), il d.g. dell’Ischia che l’ha messo alla berlina, l’ha smosso. Muto. E mentre l’onnipresente presidente della Lazio sfrecciava verso Roma, nel palazzo veniva conclamata la spaccatura della Lega Pro. Per due mesi paventata, adesso ufficiale. Quel blocco unico e bulgaro che ha sempre sostenuto Mario Macalli (e i suoi predecessori) adesso non c’è più. La Lega Pro è crollata. E non è un bel segnale, nemmeno per la Figc.
PARADOSSO C’è un passaggio chiave in tutta la vicenda. A norma di Statuto (art. 9, comma 3) un quinto delle società (quindi 12) può chiedere la verifica della governance, quindi nuove elezioni. Dopo la mancata approvazione del bilancio (15 dicembre) con relativa sospensione dell’assemblea, i club dissidenti l’hanno fatto due volte. Senza risposta, malgrado l’intervento di Tavecchio. Ieri, a margine della ripresa dell’assemblea, 13 società hanno presentato una terza richiesta. Macalli dirà, come sempre: «Se la richiesta è legittima, convocherò l’assemblea. Se no, se la vedranno gli organi di giustizia». Con una votazione democratica si saprà chi deve comandare, ma la cosa non sembra interessare al presidente, che tra l’altro ora sembra avere (di poco) il consenso dalla sua.
ASSEMBLEA I numeri finali dicono 33 club fedeli e 27 dissidenti. Si è arrivati a questo dato dopo diversi colpi di scena. L’assemblea era ripresa con due argomenti soft: la ripartizione degli introiti dai diritti tv e l’elezione di un consigliere di Lega. Se il primo è scivolato via approvato all’unanimità, il secondo è stato la causa scatenante il dibattito sulla fiducia. Il presidente era Piero Sandulli, divenuto celebre ai tempi di Calciopoli e, secondo le malelingue, arrivato in auto con Lotito; il vice presidente della Corte d’Appello Federale è intervenuto più volte, anche con argomentazioni politiche, invitando alla coesione. Inascoltato.
INTERVENTI Il primo a parlare è stato Capitani (Torres) sulla legittimità dell’assemblea. Sbrigata la pratica sui diritti tv, c’è stato un duro intervento di Lomonaco del Messina, seguito dal Catanzaro che ha chiesto l’assemblea elettiva per il 9 marzo. Il primo sostenitore di Macalli a parlare è stato Claudio Arpaia della Vigor Lamezia, che poi sarà eletto consigliere di Lega (il rivale era Capitani). Il fronte dei dissidenti è stato riaperto da Bacci della Lucchese, amico di Renzi e molto incisivo: «Tutti a casa, questa assemblea non esiste». L’ha seguito Iodice: «Sì, ho barato, ma baro io come chi non rispetta le regole. Lotito ha chiamato tutti, non solo me, ma nessuno lo dice». Barilli (Reggiana) ha attaccato l’ex d.g. Ghirelli (che seguiva i lavori in un hotel adiacente), seguito da Lillo Foti che ha allargato il problema: «Concentriamoci sui programmi, non sugli uomini»; il boss della Reggina ha difeso Lotito, così Iodice gli ha urlato «stai zitto» e la tensione è lievitata. Parola ancora ai dissidenti: Spezzaferri (Aversa) ha portato i faldoni delle denunce fatte a Procura Figc e Coni e le lettere scritte a Delrio e Malagò (che gli ha risposto), Andreoletti (AlbinoLeffe) ha parlato di «problema di sistema» e chiesto la sospensione, Tesoro (Lecce) ha sentenziato «elezioni subito». Sandulli ha cercato di riportare la pace, seguito da Foggia e Arezzo, infine Macalli ha chiuso spiegando come e perché, da luglio a oggi, ha già distribuito 15 milioni, chiedendo rispetto.
VOTAZIONI Il tutto mentre Lotito passeggiava nervosissimo, lanciando occhiate ai presidenti seguito dagli uomini della scorta, chissà perché ammessi in sala. Si è così andati alla votazione (palese) sulla richiesta di sospensione. Altro colpo di scena: all’Ascoli (dissidente) è stato negato il voto perché affiliato da meno di un anno. Con quel voto il risultato sarebbe stato 29 pari, con 2 astenuti. Quindi niente stop e avanti con i lavori e l’elezione del consigliere. Furibondi, i dissidenti se ne sono andati. E gli indecisi hanno fatto la differenza: chi ha cambiato idea (Barletta), chi si era astenuto (Foggia e Lumezzane) e chi ha detto di aver sbagliato a votare (Santarcangelo). Da qui i 33 voti per Arpaia.
COMMENTI «Uno scempio, le istituzioni non possono tacere di fronte a questo scandalo» ha tuonato Paolo Toccafondi del Prato, leader dell’ala dura dei dissidenti. Più pacato Gravina, leader degli oppositori: «Non si vuole affrontare il problema, purtroppo. Pensavo si fosse toccato il fondo, invece si scava». Soddisfatto (ma provato) Macalli: «Sono state fatte discussioni fuori tema. Io sono qui perché sono stato eletto, quindi legittimamente. Chi ha perso è fuori». L’attivismo di Lotito non sembra turbarlo: «La registrazione mi ha fatto vomitare, ma delle cose che ha detto ne risponderà: se dice che io non conto niente, magari lo penso anche io di lui. Io sto con le piccole società da sempre, da qui ne sono partite molte per la B e la A, perché da noi possono vincere tutti, mentre lo scudetto lo vincono sempre i soliti. E’ logico che i diritti tv li vendi grazie a Juve e Napoli, ha ragione Lotito. Ma non gli ho mai chiesto di intercedere per me, io non ho bisogno di tutori, riesco a fare il presidente da solo. Semmai sono gli altri che hanno messo in campo politici e altri». Già, la politica, invocata domenica dalla Juventus: «Il calcio ne è sempre stato fuori, è meglio se anche la politica resta fuori dal calcio».