Macalli e l’imparzialità perduta. Un campionato squilibrato, figlio di decisioni assurde

Il “pago io”, escutendo anticipatamente le fidejussioni, non è corretto come principio.

Non lo ricorderemo più come Mario Macalli. Sarà, per tutti, il presidente dell’ “imparzialità” smarrita. Semplicemente.
Il presidente che, secondo la Procura Federale, sarebbe venuto meno (in attesa del verdetto del Tribunale Federale Nazionale, il condizionale è d’obbligo) ai doveri di lealtà, correttezza e probità, indispensabili, come recita il regolamento e come etica vuole, per assolvere agli obblighi  previsti dal suo ruolo.

Macalli, secondo gli inquirenti sportivi, avrebbe stabilito, venendo meno al suo dovere di imparzialità, chi doveva svolgere l’attività calcistica nella città di Crema.
Prima in conflitto di interessi (da Presidente di Lega e da Vice Presidente Federale) per l’acquisizione di marchi relativi e denominazione di Società sportive rimanendo, a tutt’oggi, titolare di tre di quei marchi (Pergocrema, Pergolettese e Pergolettese 1932).

Poi perché, senza alcuna giustificazione giuridica, avrebbe bloccato un bonifico di circa 255mila euro, dovuto alla U.S. Pergocrema quale quota dei contributi derivanti dalla suddivisione dei diritti televisivi. Aggravando in tal modo la situazione di crisi finanziaria di quella Società. Rendendo impossibile il ripianamento del debito portato nel ricorso del fallimento. Accelerandone di conseguenza la sparizione ufficializzata dal Tribunale il 20 giugno 2012.
Il ‘metodo Macalli’ lo potremmo definire.

L’arbitrio di decidere chi aiutare e chi no. Autonomamente. Eludendo tutti i principi di equità. Recente il caso del Barletta. Una fidejussione in parte escussa, per far fronte al mancato pagamento degli emolumenti in scadenza a metà febbraio. Entro il 20 marzo, con la messa in mora dei calciatori in biancorosso, bisognerà pagare altre mensilità. Difficilmente Perpignano riuscirà a far fronte con risorse proprie. Macalli si troverà, nuovamente, davanti a un bivio. Il “pago io” non è corretto come principio. A prescindere. Un sistema al quale, se ripetuto, potrebbero pretendere di far ricorso, di diritto, tutti i presidenti.

Le recenti dichiarazioni del Presidente di Lega, accorso al capezzale del Savoia, sono di una gravità assoluta. Da Ufficio Indagini quella promessa di intervento sul designatore degli arbitri. Anche dalle parti di Torre Annunziata, peraltro, si vocifera della possibilità che, per pagare stipendi arretrati, si possa ricorrere all’ utilizzo di una fetta di quella garanzia fideiussoria. Di male in peggio. Sta saltando il banco. Tutto per sorreggere quella poltrona claudicante.
Evidentemente le norme sull’ imparzialità e sulla parità dei diritti sono saltate. Tutte. Risultava sino a ieri che, quella fidejussione bancaria da 600mila euro, rappresentasse una “garanzia” sul monte ingaggi dei tesserati, Macalli, per qualcuno, la sta facendo diventare un metodo di pagamento.
Nella confusione generale alimentata dai comportamenti dei vertici della Lega Pro emerge una sola certezza: il campionato è totalmente squilibrato.
“L’imparzialità”. Ecco un sostantivo che mancava. Dopo i tanti epiteti affibbiati dal “magno” Claudio a Beretta (non conta nulla), Abodi (cretino), Tavecchio (fa quello che dico io), Macalli (lo accompagno io fuori dal palazzo). L’ imparzialità, denunciata dalla procura Federale, toglie il coperchio alla “pentola” di quel sistema, sfacciatamente accentratore, che ha, da sempre, contraddistinto la gestione del ragioniere cremasco.

Non era mai accaduto che il presidente di Lega Pro, vice in Federcalcio, venisse deferito dinanzi ai Tribunali sportivi. Un macigno che si va ad aggiungere alla bocciatura del bilancio. Alle nubi che si addensano sulla Fondazione per la Mutualità generale negli sport professionistici a squadre. A quel “tesoretto” di circa 22 milioni di euro mal utilizzato. Ai 2,3 milioni, denaro delle Società, smistati ,arbitrariamente, per acquistare la sede fiorentina. Il tutto “condito” dalla richiesta legittima, ma mai esaudita, di mettere ai voti la fiducia sui vertici della terza serie.
Il commissariamento della Lega Pro, a questa altezza, diventa un fatto improcrastinabile. Prevale la curiosità generale nel tentativo di comprendere quanto tempo si è imposto lo stesso Presidente Federale per intervenire. In autonomia e senza attendere gli input del magno Claudio. Carlo Tavecchio, già chiamato pesantemente in causa da “banane” e “libri” costosi, ma poveri di contenuti. Proprio lui, quale garante del calcio, che deve rendere pubblico cosa intende fare da “grande”.
E Mario Macalli? L’ accusa è pesante, mette pubblicamente in discussione la credibilità di tutto il suo operato. Fosse prevalso il buonsenso si sarebbe già messo da parte. Avrebbe intuito che l’ ambiente, tutto l’ambiente, gli gioca ormai a sfavore.
Ma tant’è, va compreso: la classe non è acqua e non si compra a fiaschi.

Categoria: Serie C