Non è più il “campo” che disegna le classifiche, ma la Giustizia Sportiva

Non è più il “campo” che disegna le classifiche, ma la Giustizia Sportiva

L’incentivo all’esodo un “escamotage”. Macalli inibito: venti sfavorevoli in Lega Pro.

Ma le classifiche le decidono i risultati acquisiti in “campo” o la Commissione Disciplinare nazionale, il Tribunale dello sport o il Collegio di garanzia? Abbiamo sempre pensato, evidentemente a torto, che il “campo” solo dovesse il solo ed indiscusso. Il dubbio, nel verificarsi degli eventi attuali, diventa legittimo.

Perché i contenuti del Codice di giustizia sportiva, delle norme e dei regolamenti,  che gli accadimenti dimostrano essere palesemente carenti,  si concedono alla libera interpretazione ed alla selvaggia applicazione di chi, in carenza di denaro, si aggrappa a tutti gli espedienti pur di non affondare.

Il resto lo fanno gli Organi della giustizia sportiva preposti. Ultimamente, mai in uniformità di pareri. Tanto che le classifiche vengono ripetutamente stravolte da un cava e metti, allucinante, che crea grande imbarazzo generale e che mette in seria discussione la credibilità di  tutto il sistema.

Meraviglia, nel contesto generale, il diverso metro di giudizio usato nell’ applicazione delle sanzioni. Sempre più spesso due pesi e due misure. Incomprensibilmente in contrasto gli uni dagli altri.

L’esempio più eclatante è quello relativo alla diversa interpretazione che si è voluta dare all’incentivo all’ esodo.

Normalmente si applica, tra Società e tesserati che desiderano risolvere in anticipo un contratto pluriennale. Spesso, però, è sollecitato da Società inadempienti nel pagamento delle retribuzioni,  che all’ atto dell’ iscrizione del campionato non sarebbero diversamente in grado di documentare, nel rispetto di quanto richiesto dai regolamenti, la loro correttezza nei pagamenti di stipendi, irpef e contributi sociali. In definitiva un modo elegante (!?) per aggirare il sistema, evitando in tal modo, nei casi più gravi, anche la radiazione.

Numerosi sono i tesserati (tecnici e calciatori) che hanno accettato tale soluzione per i quali, alle scadenze concordate, non si è provveduto all’ erogazione del denaro. Oggi, in sede definitiva di giudizio sportivo, ci hanno finalmente insegnato che il loro regolamento prescinde dalle scadenze, rituali e perentorie, previste per le retribuzioni. Ritardarne il pagamento non porta penalizzazione.

Nel caso specifico meraviglia e non poco, il silenzio “assordante” della Associazione Calciatori. Totalmente assente nell’opera di supporto ed assistenza ai propri tesserati.

Poi, per i mali estremi esistono anche gli estremi rimedi. Il tecnicismo della “ristrutturazione del debito” meriterebbe essere approfondito con un capitolo a parte. In due parole: sottoscrivendone l’accettazione si dilatano maggiormente i tempi di riscossione. Sino quasi ad interromperli.

In pratica si sta portando a metodo un sistema, che sta diventando consuetudine, studiato per eludere le regole. Proseguendo di questo passo non pagherà più nessuno e con la paventata riduzione delle garanzie fideiussorie sarà sempre più difficile, per tutti i tesserati, far rispettare gli accordi contrattuali sottoscritti.

Poi, l’attività pachidermica del “Palazzo”, nell’assumere decisioni, farà il resto.

Nelle lungaggini procedurali della Giustizia Sportiva è da portare come esempio anche la situazione che sta coinvolgendo la Società Pro Piacenza. Penalizzata pesantemente di otto punti, all’ inizio di stagione, per aver fatto fare 11 presenze, in alcuni casi a risultato già acquisito, ad un suo giovane tesserato, squalificato per somma di ammonizione nei play off del campionato precedente. Di certo una notevole dimenticanza regolamentare, ma non tale da dover patire una sanzione tanto afflittiva. Bene, percorsi tutti i gradi di giudizio, la Pro Piacenza vedrà riconosciute, probabilmente, le proprie ragioni soltanto il 13 maggio p.v. A giochi fatti ed a campionato concluso. Quando è stata fissata l’ udienza, presso il Collegio di Garanzia, per discuterne il ricorso.

“E’ la somma che fa il totale” usava dire Totò.

E’ arrivata anche la squalifica per Mario Macalli, presidente della Lega Pro e vice in Federcalcio. Sei mesi di inibizione che vietano al ragioniere cremasco tutte le attività che i suoi ruoli gli attribuiscono. Non spirano venti favorevoli in via Jacopo da Diacceto. La mancata approvazione del bilancio, il rifiuto di convocare l’ assemblea generale, il gradimento solo parziale delle Società, la generale crisi finanziaria, il record dei punti di penalizzazione, l’ imparzialità smarrita, il desiderio manifesto dei presidenti di gestire in autonomia la Lega Pro. La volontà di esprimersi sulle riforme!  Dicevamo appunto: “E’ la somma che fa il totale”.

A margine di tutto. Delle difficoltà che incontrerà il presidente federale dovendo deliberare, come prevede lo Statuto (art.24) per particolari ed urgenti motivi, sentiti i suoi vice, dobbiamo parlare?

Purtroppo non è soltanto una questione di procedure e di etica.