Nonno Ciccio, l’irriducidibile 92enne ultras del Foggia: ultimo samurai di un tifo che non c’è più

Nonno Ciccio, l’irriducidibile 92enne ultras del Foggia: ultimo samurai di un tifo che non c’è più

Una recente ricerca Censis ha evidenziato come almeno 10 milioni di italiani considerano gli stadi luoghi di violenza e non sicuri da frequentare. C’è un tifoso però che nonostante i 92 anni suonati continua ad andare a seguire in trasferta in tutta Italia, la sua squadra del cuore: il Foggia. Il suo nome è Francesco Malgeri, ma per tutti è Nonno Ciccio e questa è la sua incredibile storia…

Il calcio è di chi lo ama, diceva lo slogan della Serie A nella passata stagione. Una recente ricerca del Censis, ha evidenziato come il calcio continui ad essere di gran lunga lo sport più seguito dagli italiani (36 milioni i seguaci) ma che, negli ultimi 9 anni ben 9,4 milioni di tifosi abbiano completamente smesso di frequentare gli stadi. Il centro di ricerca sociale individua quale primissima ragione di tale allontanamento nella persistente associazione tra stadi,nella violenza e aggressività. Per 10 milioni di italiani gli stadi sono luoghi di violenza, in cui regna un clima di aggressività e ben 900.000 sono gli appassionati che vorrebbero andare allo stadio assiduamente ma se ne tengono lontani perché temono gli scontri e di non sentirsi al sicuro. In questo scenario così buio ed avvilente alcuni esempi virtuosi si possono ancora trovare e quello che, certamente, incarna meglio i valori nobili del tifo e dell’amore genuino e immutabile per la propria squadra del cuore sono riassunti nel legame fra Francesco Malgeri, alias Nonno Ciccio, e il Foggia: capolista del girone C di Lega Pro e grande favorita per la promozione in Serie B, palcoscenico che i rossoneri hanno calcato l’ultima volta 20 anni fa.

80 anni di trasferte al seguito dei Satanelli

” Cosa significa la parola ultras? Un ultras è una persona che non perde mai il coraggio. Un uomo che riesce a fare cose che altri uomini non riescono a fare. Oltre ogni limite, oltre ogni forza”

Classe 1925, originario di Sant’Agata di Puglia: Nonno Ciccio è di gran lunga l’ultras più anziano d’Italia. Un tifoso che, nonostante i suoi 92 anni, non riesce a restare lontano dalla sua squadra del cuore che segue in casa e in trasferta ogni weekend da quasi 80 anni a questa parte…

” La prima partita del Foggia, l’ho vista nel 1937 – raccontò al Sole 24Ore – un amico mi convinse a rubare la bicicletta a mio zio e a percorrere i circa 40 km che separano Sant’Agata di Puglia, il mio paese di nascita, a Foggia. Vincemmo 3-0 anche se non ricordo l’avversario….”

La sua totale e incondizionata dedizione alla causa rossonera hanno convinto, due anni fa, anche la web tv britannica Copa90 a dedicargli un documentario che ha riscosso un grande successo e ha fatto aumentare esponenzialmente la popolarità di un personaggio unico e straordinario che fra i tanti meriti ha quello di aver sempre provato a tramandare un messaggio di fratellanza molto nobile e condivisibile.

” Il motto che porto in giro per l’Italia – ha dichiarato qualche mese fa in un’intervista a Rai Radio Uno – è ‘Pace tra ultras’. Ce l’ho scritto sul borsello, sul cappello e sullo striscione che porto ovunque. E’ una cosa che mi viene dal cuore. Quando sono in trasferta e segna il Foggia, anche se può sembrare strano, non urlo mai. Resto calmo anche per un segno di rispetto verso i tifosi della squadra di casa.”

Grazie al Foggia ha viaggiato in lungo e in largo l’Italia, visitando città, conoscendo persone e maturando esperienze che altrimenti non avrebbe mai potuto fare, visto anche il suo lavoro di contadino e pastore che ha svolto a partire dalla seconda guerra mondiale. Gli aneddoti sono sterminati mentre sconfinata è la stima e l’affetto che anche le tifoserie più ostili al Foggia gli hanno riservato nel corso degli anni.

” Con la macchina ho macinato oltre 345.000 km per il Foggia – ha dichiarato poco tempo fa al canale ufficiale della Lega Pro, Sportube – Non riesco a lasciarlo. Avete presente un figlio che se ne va: tu se sei il padre non smetti di seguirlo, vuoi vedere cosa combina e come se la cava. Il rapporto fra me e il Foggia è lo stesso. Lo sanno anche i miei figli che ormai si sono messi il cuore in pace. Vorrebbero stessi a casa ma io a guardare la partita in tv non ce la faccio, io devo viverla allo stadio. Quando parto per seguire la squadra in trasferta mi sento la carica di un 18enne… E la cosa bella è il rispetto, dovunque vado mi fanno parcheggiare la mia Renault Laguna nel settore ospiti e mi trattano coi guanti bianchi. A Catanzaro ho fatto il giro di campo e gli ultras hanno affisso i miei striscioni in tribuna, ad Agrigento mi hanno offerto in dono un libro con la storia dell’Akragas e festeggiato con cori ed un entusiasmo travolgente mentre un anno fa a Castellamare di Stabia (club con cui il Foggia ha una rivalità aspra e fatta di tanti scontri anche violenti, ndr) una delegazione di ultras della Juve Stabia a fine partita mi ha voluto salutare ed abbracciare. Ricordo che c’era anche un ‘guaglione’ tutto tatuato, mi disse dopo avermi salutato: ‘Nonno Ciccio, uomini come te non ne nascono più’….”

Amore senza fine e una speranza da realizzare

Fatto prigioniero durante il conflitto bellico in Libia, combattuto quando ancora era minorenne: quell’esperienza lo ha segnato aiutandolo ad imparare un’importante lezione come ha raccontato a il bellodellosport.it…

“Il 30 ottobre 1942 fui catturato dagli inglesi ad El Alamein, dai neozelandesi alleati con gli inglesi. Un giorno, durante la prigionia, il colonnello inglese chiese ai prigionieri chi voleva collaborare in cambio di un trattamento migliore. Io desideravo solo salvare la pelle e tornare a casa. Ci chiesero che mestiere facevamo. Io dissi che facevo il contadino e sapevo gestire bene le vacche, le pecore, le mucche. Per poter rientrare in Europa, sui bastimenti passammo dall’Africa del Sud per evitare il Mediterraneo all’epoca molto trafficato. Poi arrivammo in Scozia, lavorai in una fattoria dove mi hanno trattato benissimo. Lasciai commosso tanti amici là e nel settembre del 1945 feci ritorno in Italia. La guerra è una cosa tremenda e ti ricorda che la vita è unica e insostituibile e che nel calcio, come nella vita la cosa più importante è rispettare tutti, a cominciare dai propri avversari. ”

Dal ritorno in Italia la vita di Malgeri è stata scandita dal lavoro nella terra, la cura degli animali e l’amore per il Foggia che quest’anno dopo 20 anni può tornare in Serie B anche se Nonno Ciccio spera di riuscire a restare vivo per rivedere i Satanelli in massima serie…

” La mia speranza è che prima che mi chiami il Signore a sè: possa rivedere il Foggia in Serie A. Sarebbe una gioia immensa per me, speriamo accada come nel 1959-60, quando andammo in Serie B e dopo due campionati salimmo in A…. ”

Fonte: www.it.eurosport.com