“Pippo, ci porti in Serie A?”. Il padre sempre lì, la fame del Venezia, gli autografi: Inzaghi visto da vicino
Inzaghi ha sempre detto che “non negherà mai un sorriso ad un tifoso”. Specie ad un bambino. Il motivo? Semplice. Una volta lo fecero con lui. Faceva il raccattapalle, chiese i pantaloncini. Fu ignorato. Da lì, Inzaghi si è ripromesso di regalare sempre un autografo ai suoi sostenitori. Anche oggi, con “38.7 di febbre” e da allenatore del Venezia, nel giorno dei festeggiamenti in grande stile. “Pippo! Pippo”. Lo chiamano in tantissimi e… lui? Non si nega mai. Neanche col febbrone. “Mister, ci porti in Serie A?”. Un bambino sbuca dal nulla e gliela butta lì, col pallone da firmare: “Speriamo…”. Inzaghi risponde e sigla. Pure con 38.7. Perché un autografo – e un sorriso – non si negano davvero mai. Questione di promesse.
Papà Giancarlo, poi, è sempre accanto a lui. Sempre. Come un angelo custode. Curiosità: gli sistema la giacca perché tira un po’ di vento: “Copriti!”. Premuroso. Pure… sull’Iphone! Uno sfondo, due volti: “Simone e Pippo!”. Foto d’epoca: “Risale al giorno in cui hanno giocato insieme in Nazionale contro l’Inghilterra”. Altri tempi, altre Storie. Si ricorda tutto, il “Gianca”. Lo conoscono tutti e lui conosce tutti. Sempre presente, a suo agio: “In casa le vedo tutte, in trasferta ogni tanto. Questi ragazzi hanno ancora fame!”. Sorride e brinda, poi si defila. Perché quando la squadra sale sul palco, incitata dai cori dei tifosi, preferisce stare in disparte. Discreto. Pronto a immortalare ogni singolo istante del figlio con la fotocamera, come quand’era calciatore. Per capirlo basta guardare casa sua, a San Nicolò, dove c’è una stanza solo per loro, Simone&Pippo. Domanda lecita visto l’argomento: “E’ l’anno degli Inzaghi?”. Risposta di chi ne ha visti diversi: “Ce ne sono stati tanti”. Stavolta, però, con un Simone in più: “Visto che stagione alla Lazio?”. Roba da aggiungere un’altra foto all’album di famiglia. Orgoglioso, fiero.
Proprio come Pippo, che ormai tratta i giocatori come se fossero suoi figli. Bentivoglio in primis: “Sistemati la cravatta dai!”. E tutti ridono. Poi Falzerano, rimproverato subito per un look che piace poco: “Pantaloni troppo corti”. Ammonito con buffetto. Con Tacopina che intanto si apparta da solo e parla al telefono, tutto serio. Assorto nel discorso. Pronto a costruire la squadra che verrà: “Vogliamo vincere, non fermarci. Entro tre anni faremo lo stadio…”. Clima sereno, di festa. Coi trofei conquistati sempre in bella vista, anche papà Giancarlo li stringe forti insieme al figlio. Prima portati in gondola attraverso i canali di una Venezia sempre suggestiva, bella, da chapeau. Quasi mistica. Che ora, da Rialto a Piazza San Marco, accoglie una squadra che ha fame. Proprio come Inzaghi: ““Mister, ci porti in Serie A?”. Sorriso, sigla: “Speriamo”. Sogni leciti… febbrone permettendo.