Cent’anni e non sentirli. Lo Stadio Pino Zaccheria, cuore pulsante della città, compie un secolo di vita, portando sulle proprie tribune un carico di storia, passione e identità che pochi impianti calcistici italiani possono vantare.
Nato nel 1925, intitolato anni dopo al giovane sottotenente e atleta foggiano caduto durante la seconda guerra mondiale, lo Zaccheria è diventato molto di più di un semplice luogo sportivo.
Quando fu inaugurato, era poco più di un campo in terra battuta. Col passare dei decenni si è trasformato, ampliato, ristrutturato adattandosi alle ambizioni del Foggia e della comunità. Ha visto l’epoca romantica del calcio meridionale.
Poi arrivarono i mitici anni Sessanta, dove diventò quasi un luogo mistico: le stagioni del Foggia di Oronzo Pugliese, capace di stregare tutto il paese con un gioco innovativo, e gli anni Novanta, con Zemanlandia, lo stadio divenne teatro di calcio spettacolare, gol e pressing, esportando il nome in tutta Europa.
Le curve dello Zaccheria non sono semplici settori: sono un simbolo. Il popolo rossonero è noto per calore, identità, presenza e attaccamento alla maglia, anche in stagioni difficili. Lo stadio ha ospitato gioie immense come la Serie A e la promozione in Serie B con Stroppa, ma anche salvezze sofferte, cadute e ripartenze.
In 100 anni, milioni di passi hanno attraversato i suoi gradoni, generazioni di foggiani hanno vissuto lì le loro prime emozioni calcistiche, trasformando lo stadio in una casa.
Il centenario non è solo una ricorrenza: è un punto da cui ripartire. Lo stadio guarda avanti, tra progetti di rinnovamento, nuove esigenze strutturali e la volontà di preservare l’anima storica. Perché lo Zaccheria non è solo cemento e ferro, ma un monumento vivente della passione rossonera, che oggi rischia di essere sempre piu’ solo.
Assunta Pia La Riccia

