Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno”. Lo diceva Pablo Neruda riflettendo sulle possibilità che la vita ci propone, quando ormai tutto ci porta a leggere “The end” come nei più classici film romantici dal leggero retrogusto amaro.
Zdenek Zeman arriva a Foggia a 74 primavere, quando il Bayern Monaco punta tutto su Julian Nagelsmann, tecnico prodigio che a fine mese spegnerà 34 candeline. Un maestro e un astro nascente, due figure così vicine ma così lontane. Zeman è quel gringo del Selvaggio West, all’ombra, con la sua sigaretta in bocca, pronto a sparare senza neanche guardare il bersaglio, perché il “mestiere” lo conosce. Zeman torna a casa in quel deserto arido che rese un paradiso naturale, il paradiso del calcio. I più scettici direbbero che la sua era è tramontata, probabilmente dopo aver portato il Pescara in Serie A, fornendo al calcio che conta Lorenzo Insigne, Ciro Immobile e Marco Verratti, talenti puri estratti dal solito cilindro dei “saranno famosi”.
Zeman può fare (ancora) bene. Zeman può (ancora) far sognare. Perché? Ve lo spiego in cinque punti.
PUNTO PRIMO. Si scrive Zeman, si legge entusiasmo. Quando c’è il profeta, foggiano d’adozione, nell’aria si materializza come finissimo pulviscolo atmosferico un qualcosa che sa d’entusiasmo. La scelta del Presidente Canonico, abbinata a Pavone, rispolvera dal baule dei ricordi di ogni foggiano, gli anni più belli. Perché quando c’è Zeman in panca ci si diverte, sempre e comunque.
PUNTO SECONDO. In un calcio che vive un grande momento di ricambio generazionale, dove i padroni del pelo d’erba sono i millenials, l’impermeabile zemaniano può essere il luogo giusto dove far sbocciare giovani talenti. Un calcio veloce, frizzante, che magari non ha un costo elevato poiché fatto di piacevoli scoperte, ma senza dubbio con tanta qualità sul rettangolo verde, è l’asso nella manica del tecnico boemo.
PUNTO TERZO. Chi l’ha detto che Zeman ormai è old school? Dovrà correre? No. Dovrà segnare? No. Dovrà tuffarsi da una parte all’altra dei pali? No. Dovrà “semplicemente” allenare, essere il direttore d’orchestra di una banda che sotto sotto nasconderà il sogno di raggiungere il traguardo più grande. “Quando ero al Foggia lui era già 20 anni avanti” ha detto recentemente Beppe Signori in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport. Infondo l’ha detto lui stesso, Heynckes ha vinto la Champions League con il Bayern Monaco proprio a 74 anni.
Zeman in panchina sarebbe come rivedere Marcello Lippi alla Juventus, due maestri che a qualsiasi età possono fare la differenza con le loro idee, con le loro innovazioni, con il loro calcio.
PUNTO QUARTO. Un’idea di calcio propositiva, veloce, che attacca la profondità è un’idea intramontabile. Il calcio moderno, dopo annate all’insegna del palleggio, punta forte ad un nuovo stile che verte tutto sulla velocità. Da Mbappe a De Bruyne, passando per Spinazzola, la differenza oggi la fa chi corre, meno chi dribbla.
PUNTO QUINTO. Una sola parola: attenzione. L’occhio vigile dei media terrà sotto controllo il cammino dei Zeman Boys riportando i satanelli tra le pagine dei quotidiani nazionali. Fa sempre bene avere un posticino tra le colonne che contano.
Zeman rinasce a Foggia, il Foggia rinasce con Zeman perché è per rinascere che siamo nati…
Daniel Miulli