Il Foggia, il Covid e la lenta e dolorosa morte del calcio
Il Foggia e il Covid. Il Covid e il mondo intero. Un anno è ormai trascorso, la pandemia da Covid-19 ha cambiato la vita degli esseri umani, generando una serie di situazioni viste probabilmente solo nei migliori film futuristici.
Gli effetti del virus Sars-CoV-2 hanno avuto un impatto devastante dalla ristorazione alla medicina, dall’istruzione fino allo sport, tralasciando nel mezzo decine e decine di altri settori gravemente colpiti, mettendo di fatto in crisi la già complicata macchina dell’economia.
Negli ultimi giorni le notizie di cronaca raccontano lo stop del Calcio Foggia 1920 a causa di un focolaio che ha colpito gran parte dei tesserati, contagio che ha costretto i rossoneri a chiedere lo stop con il Palermo. Pausa che probabilmente sarà ripetuta anche in vista del match di domenica in programma allo Stadio Zaccheria, dove l’avversario di turno sarà il Monopoli. I gabbiani, come i diavoli del sud, non hanno disputato la sfida valida per la 33esima giornata, per via di numerose positività riscontrate.
Il Covid, un nemico piccolo ed indivisibile, capace di mettere in crisi un mondo tanto caro agli italiani: il calcio.
Gli stadi chiusi, l’assenza di incassi, la difficile raccolta di sponsorizzazioni (“Se sponsorizzo la mia azienda all’interno di uno stadio e nessuno può vedere il banner sotto la curva, che senso ha?”, avrà pensato il migliore degli imprenditori), i costi per il costante monitoraggio della situazione di salute dei tesserati ha senza dubbio avuto una influenza notevole soprattutto per le squadre semi-professionistiche.
Se in Serie A, Dazn e Sky hanno sborsato milioni e milioni per i diritti TV, dalla Serie C in poi per le società di calcio c’è davvero poco e nulla. Un applauso, quindi, ad una società come il Foggia e ai suoi amministratori, passati e presenti, bravi a gestire una situazione più difficile del previsto.
Ma quanti solidi ha perso il mondo del calcio da inizio pandemia ad oggi?
Il quotidiano Il Sole 24 Ore in un articolo datato 9 ottobre 2020 spiegava le perdite economiche delle più importanti squadre di calcio italiane al termine del campionato scorso, numeri da capogiro: “L’ultimo in ordine di tempo a comunicare i risultati d’esercizio è stato il Milan -si legge su Il Sole 24 Ore-, che ha registrato perdite record nel bilancio al 30 giugno 2020 per 195 milioni di euro. Un deficit pesantissimo che fa quasi il paio con il rosso di 204 milioni accusato dalla Roma. Nello stesso lasso di tempo la Juventus ha accumulato perdite per 97 milioni, mentre il deficit dell’Inter (che al 31 marzo 2020 perdeva 103 milioni), dovrebbe assestarsi sotto la soglia dei 150 milioni. La migliore performance è quella della Lazio che ha subito solo 16 milioni di deficit”, si evince dall’articolo del quotidiano nazionale, prima di prestare attenzione allo sconvolgente dato finale: “In totale solo questi cinque top club hanno perso oltre 650 milioni contro i 275 milioni dell’intera Serie A nella stagione precedente”. Numeri che evidenziano il grande momento di crisi dei top club italiani. Una crisi che si dirama nelle categorie inferiori e si amplifica, poiché per una squadra di Lega Pro o di media fascia in Serie B, perdite proporzionate alla grandezza/struttura del club in questione, potrebbero significare anche il definitivo capolinea.
I numeri della prima parte del 2021 -per quelli ufficiali di fine stagione bisognerà attendere- sono stati studiati da Football Money League. Come si legge su footballeconomy.it il deficit per le italiane è ancora in aumento: “In vetta alla classifica c’è la Juventus che si conferma prima tra le squadre italiane al decimo posto della classifica con 397,9 milioni di ricavi (-13% rispetto al 2019). A pesare è il mancato incasso del matchday (-36%), il più grande calo percentuale tra tutti i club della Money League e il crollo degli introiti dei diritti TV di 41,8 milioni di euro (-20%). I ricavi commerciali dei bianconeri, invece, hanno visto un aumento di 3,3 milioni di euro (+2%), un risultato riconducibile al rinnovo di accordi di sponsorizzazione con il marchio Jeep (esteso fino al 2023/24) e con Adidas (fino al 2026/27)”. Club come la Juventus hanno trovato un sostegno negli accordi con Adidas e Jeep, aziende che hanno sostenuto soprattutto la spinta e la diffusione del brand Juve. Ma dalla Lega Pro in giù, chi sostiene la crescita e la diffusione dei brand delle società di calcio?
Se la Serie A è in difficoltà, immaginate realtà medio-piccole. Immaginate realtà come la Sambenedettese, una squadra inizialmente costruita per far bene e che ora è sempre più vicina al salto nel baratro che al salto di categoria.
Cosa serve a questo calcio per andare avanti? Cosa serve a questo calcio per migliorare? Una riforma dei campionati? Incentivi da distribuire dall’alto verso il basso per (ri)finanziare anche il calcio dilettantistico? Le soluzioni possono essere tante, ma ciò che ora serve è sbrigarsi.
Se milioni di persone oggi non possono vedere dal vivo una palla che rotola su un rettangolo verde, date loro almeno la certezza di poter continuare a sognare i propri colori sociali.
Sbrigatevi, il calcio sta morendo.