Grassadonia, Foggia odi et amo: contestato ma con la società dalla sua parte

L’allenatore del Foggia dopo un inizio più che positivo ha dovuto fare i conti con i risultati che non arrivavano. I tifosi lo contestano, ma la società gli dà fiducia. Senza gli 8 punti di penalizzazione sarebbe quasi in zona playoff.

Destino o meno, le strade di Grassadonia e del Foggia dovevano incrociarsi e lo hanno fatto nuovamente dopo 25 anni, in una tradizione che, a partire da Padalino, passando per De Zerbi e Stroppa, va avanti da 6 anni. Grassadonia prende il posto di Stroppa e arriva a Foggia dopo esserci già stato da calciatore per una stagione. Proprio con la maglia rossonera ha esordito in Serie A contro il Cagliari nel gennaio del 1993, collezionando in totale 9 presenze. Tra gli allenatori più giovani della Serie B, a 46 anni, si ritrova seduto sulla panchina di uno degli stadi più caldi della categoria, lo Zaccheria.

Ricerca di riscatto o qualcosa in più, dopo l’esperienza con la Pro Vercelli, la chiamata di Nember è una vera e propria chance da giocarsi alla guida di una squadra che sul piano tecnico e dell’esperienza non ha nulla da invidiare ad almeno 3/4 dell’intera griglia della Serie B. Grassadonia accetta l’invito in una calda giornata d’estate, e lo fa con un pizzico di coraggio, catapultandosi con tutto il Foggia in un processo durato diverse settimane che ha letteralmente infiammato la città: la retrocessione in Serie C inflitta in primo grado dalla procura federale, poi revocata e trasformata in una forte penalizzazione di -15 punti che, tra una sentenza e l’altra, sono diventati -8, calmando in parte gli animi dei tifosi foggiani.

Con lui in panchina i rossoneri iniziano un campionato di Serie B senza grigi: o è nero o è bianco, o si vince o si perde. Dopo 4 vittorie e 4 sconfitte arriva il primo pareggio nel derby contro il Lecce. Da quel momento in poi solo sfumature, con una serie di 5 pareggi consecutivi che rallentano la corsa salvezza del Foggia. Penultimo posto in classifica e un totale di 9 punti raccolti ma che, penalizzazione a parte, avrebbe visto il Foggia a quota 17, a soli 3 punti sotto la zona play-off. La penalizzazione però resta, come i punti persi per strada da un Foggia che non vince e convince poco.

Dopo l’1-1 contro il Venezia, una pioggia di fischi ha invaso lo Zaccheria con i tifosi che hanno invitato l’allenatore rossonero ad andare via. Una spaccatura definitiva tra le due parti e una fiducia ormai quasi impossibile da riconquistare ma che la società ha deciso di rinnovare per quella che probabilmente sarà l’ultima chance: la trasferta a Livorno di domenica. “Gli allenatori sono sempre a rischio, ma guai perdere la serenità. Bisogna però capire il campionato del Foggia, perché giocare certe partite vivendole come ultima spiaggia non è positivo. Dobbiamo remare tutti dalla stessa parte” così Grassadonia era intervenuto in conferenza stampa nel post partita.

Sembra ricrearsi lo scenario che ricorda tanto quello vissuto nella prima parte della scorsa stagione, quando alla tredicesima giornata il Foggia era al penultimo posto in classifica con 14 punti. La pesante sconfitta contro la Cremonese diede il via ad una vera e propria rivoluzione societaria, che però non sfociò nell’esonero dell’allenatore, bensì del direttore sportivo Di Bari.

L’arrivo del nuovo ds Luca Nember e la conferma di Stroppa fecero decollare l’annata del Foggia, complice anche di una sontuosa campagna acquisti: salvezza arrivata con largo anticipo e sogno play-off sfiorato fin quasi alla fine. Tutto bene quel che finisce bene, anche se era iniziato male. Un film a lieto fine, che si ripeterà anche quest’anno? La penalizzazione non permette voli pindarici, l’obiettivo da tenere presente è sempre la salvezza, che passa anche dalle cinque partite che mancano da qui alla fine del girone d’andata. Cinque esami che Grassadonia & Co proveranno a superare nel migliore dei modi, raccogliendo più punti possibili. I tifosi lo contestano, lui ci riprova… dalla fiducia della società alla storia recente del Foggia: cambiare allenatore può anche non essere necessario.

Di Rebecca Zichella