Allenatori rivoluzionari, l’importanza del giusto tecnico per la giusta squadra
La passione per il calcio ha portato tutti, prima o poi, a sentirsi un po’ allenatori. Infatti chi segue il calcio non lo fa solo per particolare affetto verso una squadra o uno specifico calciatore, ma anche per un determinato stile di gioco capace di divertire e suscitare ammirazione.
Il ruolo dell’allenatore va ben oltre quello di semplice amministratore della rosa a sua disposizione: idee e approcci al gioco sono una precisa identità del mister, l’impronta da questo lasciata sulla squadra che allena. Del resto, è questo uno dei motivi per i quali è tanto amato il fantacalcio: è proprio la passione per la gestione della propria squadra e per la scelta dei titolari a spingere molti a calarsi nel ruolo di fantallenatore. Fuori dalla fantasia, comunque, il calcio è popolato da allenatori che hanno creato un rapporto particolarmente fortunato con una determinata squadra: per una serie di motivi le loro idee di gioco hanno trovato terreno fertile in qualche specifico scenario, e il loro nome si è legato a una specifica squadra che giocava in maniera riconoscibile e, spesso, addirittura rivoluzionaria.
È impossibile non partire dal ruolo avuto da Pep Guardiola nell’esplosione del Barcellona intorno al 2008. L’attuale tecnico del Manchester City ha legato il suo nome a uno stile di gioco destinato a fare scuola: il Tiki Taka. L’allenatore spagnolo prese in mano una squadra orfana di alcuni giocatori di grande talento, ma che poteva contare su calciatori estremamente tecnici come Xavi, Iniesta e Messi. Guardiola improntò la sua squadra a un possesso palla prolungato e paziente, fatto di rapidi passaggi corti in orizzontale: l’idea era quella di manipolare gli schieramenti avversari creando superiorità numerica da sfruttare tramite inserimenti, ridimensionando il ruolo del centravanti.
I più esperti non hanno mancato di notare come il Tiki Taka appaia una sorta di evoluzione di un altro sistema di gioco passato alla storia: il totaalvoetbal o calcio totale. Nonostante le numerose evoluzioni nel corso degli anni, il periodo di assestamento della teoria si attesta negli anni ’70 e coincide con gli anni di Rinus Michels sulla panchina dell’Ajax, nel quale militava Johan Cruijff. Il totaalvoetbal era basato su uno stile di gioco estremamente libero: i giocatori non ricoprivano ruoli fissi, e perfino un attaccante come Cruijff calcava qualsiasi zona del campo a seconda dell’andamento dell’azione. Le somiglianze tra Tiki Taka e calcio totale, tuttavia, finiscono qui: il primo conserva infatti una netta distinzione dei ruoli in campo, sebbene favorisca il palleggio e le giocate offensive di giocatori più arretrati come il totaalvoetbal.
Un’altra rivoluzione, questa volta alle nostre latitudini, fu quella portata da Zdeněk Zeman alla guida del Foggia. Nella stagione 88/89 il tecnico ceco prese il timone del Foggia in Serie B: si trattava della prima panchina importante, poiché fino ad allora Zeman aveva allenato squadre minori e le giovanili del Palermo. Il calcio praticato era estremamente offensivo: attraverso il gioco a zona e una difesa altissima venivano favorite verticalizzazioni e contropiedi, spesso finalizzati da un giovane Giuseppe Signori. Un calcio spettacolare che favoriva l’attacco a scapito della difesa: le partite del Foggia erano garanzia di goal realizzati e concessi, e la prima stagione in Serie A, quella 91/92, terminò con 58 goal segnati e altrettanti subiti, secondo miglior attacco e seconda peggior difesa. Non a caso si parlava di Zemanlandia, avvicinando questo calcio a uno spettacolo da luna park.
All’estremo opposto possiamo guardare a un allenatore che ha sempre fatto della difesa il suo tratto saliente, e proprio per questo è stato particolarmente apprezzato in Italia nonostante i numerosi successi all’estero: José Mourinho. Il portoghese si è sempre distinto per uno stile di gioco attendista: il possesso palla era lasciato quasi passivamente all’avversario, preferendo aggressioni dei centrocampisti nella propria metà campo. In tal modo si favorivano i contropiedi degli attaccanti, in attesa di un’occasione partendo da posizioni defilate. Una tattica che ottenne ottimi risultati all’Inter, dove Mourinho aveva a disposizione una squadra estremamente solida tra difesa e centrocampo e con tanta velocità in attacco, specialmente grazie a Diego Milito e Samuel Eto’o.
In tempi più moderni, molti altri allenatori stanno continuando a sperimentare: dal 3-5-2 rielaborato da Simone Inzaghi all’Inter al gegenpressing di Jürgen Klopp, esaltato da Borussia Dortmund e Liverpool e orientato a un pressing particolarmente avanzato. Ma il calcio è in costante evoluzione, e non mancheranno esempi di altri allenatori rivoluzionari.