Dietro la lavagna: l’urlo di Munch in versione moderna
Il ritorno dell’ora solare ha scombussolato i primi giorni di questa settimana che si è chiusa con l’ennesimo atto di ingratitudine di un allenatore – vedi Walter Mazzarri nei confronti di Massimo Moratti – dimostrando che nel calcio attuale certi meccanismi vanno soltanto accettati senza fare tanto i moralisti.
Per fortuna che in Lega Pro quest’anno l’aria per gli allenatori sembra essere migliore, con società che finalmente iniziano ad essere lungimiranti cercando di assumersi responsabilità anche proprie prima di cacciare un tecnico. Bisogna dire che dietro a quest’opera di rinsavimento deriva anche dalla crisi che prosciuga quei pochi utili disponibili e non consente di fare spese folli.
Intanto come ogni mercoledì mattina ci ritroviamo qui a mettere “Dietro la lavagna” i protagonisti in negativo dell’ultimo week-end di campionato. Stavolta ci siamo soffermati sugli allenatori, categoria bistrattata, d’accordo, ma capace di fare danni anche dove non dovrebbe.
> Francesco Cozza (Reggina):
Andando a scrutare il curriculum di questo giovane allenatore leggiamo: Catanzaro, Pisa e quest’anno Reggina. Andando a leggere le sue dichiarazioni ci troviamo davanti ad un tecnico che con risultati scadenti (la promozione in Prima Divisione con il Catanzaro nel 2012 era il minimo con la squadra che gli era stata messa a disposizione dal presidente Cosentino), vedi dimissioni (pilotate?) a Catanzaro, esonero a Pisa la scorsa stagione e inizio di campionato non particolarmente esaltante su quella della Reggina fino ad ora, sembra vivere su una nuvola a tre metri da terra.
Tutto questo ci porta ad una riflessione che abbiamo già fatto tempo fa’ e credevamo fosse stata elaborata dal tecnico reggino.
Quell’anima del calciatore in Francesco Cozza non è mai scomparsa e finchè le emozioni del manto erboso non lasceranno spazio a quelle fredde di un allenatore, sarà un continuo calvario con i risultati che non seguiranno mai la sua altezzosa anima agonistica. Finchè l’adrenalina del calciatore non verrà riposta nella valigia dei ricordi, non potrà dirsi allenatore a tutto tondo. Finchè la sua temerarietà non lascerà il posto ad una sana umiltà e saggezza, gli esoneri saranno la logica conseguenza di un atteggiamento che lo condanna.
Potremmo continuare all’infinito, non servirebbe a molto. Cozza finora ha continuato a fare il calciatore senza rendersi conto che al posto degli scarpini con i tacchetti, utilizza scarpe da ginnastica comode per stare in piedi davanti alla panchina. Con quel furore agonistico che non l’ha ancora abbandonato.
ANIMA FRAGILE
> Torres:
Avremmo voluto utilizzare un tono più british dopo aver vissuto (seppure da lontano) la vicenda che ha visto protagonisti Andrea Cossu e il ragazzo delle giovanili della Torres, “costretto” a nascondere il simbolo torresino per farsi la foto con il giocatore del Cagliari. Già di suo la storia è di pessimo gusto e pensavamo che le parole del presidente del club sassarese, Domenico Capitani, avessero calato il sipario. Ci siamo sbagliati. Di grosso.
Non saremmo in Italia, ogni tanto bisogna ricordarlo.
La Torres ha voluto far parlare anche il suo tesserato, artefice dell’episodio e le sue parole hanno un sapore vagamente agghiacciante:
“Presidente, ho apprezzato le sue parole con le quali spero sia messa fine a questa vicenda che mi ha visto coinvolto. Il mio gesto è stato dettato dall’ingenuità, e per questo chiedo scusa a tutti, Società e tifosi, ma non di sicuro dal poco attaccamento alla maglia che onoro ogni giorno con grande impegno sul campo.
Prometto a Lei, alla Torres ed ai tifosi che mai rinnegherò questi colori che oggi mi danno, grazie a Lei, la possibilità di vivere il mio sogno e che dinanzi a nessuno metterò in secondo piano il simbolo della Torres che porto con orgoglio sul petto.
Grazie”.
Un attimo dopo averle lette ci siamo chiesti se ci trovassimo di fronte ad un ostaggio dei terroristi islamici o su un palco di cabaret. Quale sia la colpa – se così vogliamo chiamarla – del tesserato torresino rimane un mistero e la sua pubblica ammenda è un’offesa alla sua età. Quel “prometto a lei, alla Torres ed ai suoi tifosi che mai rinnegherò questi colori” ha un sapore intimidatorio che non riusciamo a comprendere. Stiamo parlando di un ragazzo che ha fatto una cosa dettata dal momento.
Certi linguaggi confiniamoli ai fanatici esaltati.
FERMATEVI, VOGLIAMO SCENDERE
> Luca Crescenzi (Reggina):
Nella disfatta di Lamezia oltre a Francesco Cozza, c’è un altro – stavolta vittima – che ha vissuto novanta minuti da incubo. Luca Crescenzi – scuola Lazio – dopo le esperienze a Siena e a Pisa, quest’anno è finito alla Reggina e con gli amaranto voleva abbinare la sua voglia di riscatto a quella dei calabresi.
Domenica il difensore con la maglia numero cinque ha trovato uno Stefano Del Sante praticamente immarcabile. La classica partita dove all’attaccante riesce in pratica tutto e viceversa al difensore viene solo voglia di cancellare immediatamente i novanta minuti dalla sua mente.
E quando il campo dice male, può anche pronunciarsi in maniera peggiore: autogol dello stesso Crescenzi che fissa il punteggio sul 4-0 per la Vigor Lamezia.
SLIDING DOORS