Pallone che va, pallone che viene: quando la sfera diventa un problema
Aversa Normanna-Catanzaro: una partita su cui c’è poco da dire, visto il secco risultato, 3-0, con cui i campani hanno frenato il volo delle aquile, mai realmente entrate in partita. Un risultato quindi giusto, anche se c’è da segnalare un episodio isolato – ed è giusto precisarlo – ma poco sportivo: intorno alla metà de secondo tempo, nel momento in cui un calciatore calabrese si apprestava a battere una rimessa laterale, il ragazzetto a bordo campo ha allontanato il pallone, ritardando quindi l’azione. Una scelta, quella del raccattapalle, che il direttore di gara, il sig. Fiorini di Frosinone, ha punito cacciando il ragazzino dal campo.
Un episodio non grave, ma, come già detto, antisportivo: e purtroppo radicato nella mentalità del calcio italiano, dove comunque si vede anche di peggio (le sceneggiate proposte da taluni presidenti – Monza e Parma sono riferimenti non casuale – per la vendita di club, a esempio). Ma occorre, appunto, riflettere genericamente su questa idea di sport, che sicuramente non è “sana”: del resto però, anche nelle scuole calcio, è privilegiato l’aspetto tattico e tecnico fin da tenera età, quell’età in cui invece dovrebbero essere insegnati valori quali l’unione di gruppo, la correttezza, la lealtà sportiva, il divertimento. Come sempre il problema è a monte, ma nessuno se ne occupa praticamente, è più facile poi lamentarsi delle cose che non vanno piuttosto che agire, iniziando, magari da genitori, a pretendere che nelle scuole e nei centri sportivi vengano privilegiati i valori umani che anche ogni sport comunque ha. Si parte sempre dal piccolo per poi arrivare al grande.
E per un Di Canio che in Premier League preferì bloccare il pallone con le mani piuttosto che segnare vedendo il portiere avversario a terra, c’è un Caccavallo in Gubbio-Pisa che ha la brillante idea di buttare, dalla panchina, un secondo pallone in campo per bloccare l’offensiva del nerazzurro Cia lanciato liberamente a rete (la partita si riferisce alla scorsa stagione); e anche un Ferrigno che da dirigente del Messina imita in un paio di circostanze l’ex calciatore eugubino. E migliaia di referti di giudici sportivi che lamentano atteggiamenti di questo genere.
Atteggiamenti che magari possono anche strappare un sorriso, dietro al quale, però, dovrebbe comunque nascondersi almeno una punta di amarezza.