Professione allenatore: non è la madre di tutte le colpe
Acque agitate in Lega Pro. E’ solo la propalazione di notizie infondate, false e calunniose? E’ determinante far ricorso alla legalità ed alla trasparenza.
Impazza la diaspora degli allenatori. Una epidemia incurabile che, come sempre in questa stagione, mette fuori gioco tanti tecnici, alle volte anche i più bravi e preparati. L’origine del malanno è, comunque, a monte. Nella composizione approssimativa degli organici ad inizio stagione. Nelle volubili valutazioni tecniche di taluni presidenti. Nelle scelte, alle volte errate, di taluni direttori. Nel sedersi, pur di lavorare, su panchine che traballano prima ancora che sia iniziata la stagione. Per cui, nello scarica barile delle responsabilità, a pagare sono e saranno sempre gli allenatori. Una categoria, tra l’altro, dove tutti si stimano e si rispettano coprendosi, apparentemente, dietro false dichiarazioni di facciata. Salvo poi, nel privato, tagliare i colleghi nei giudizi, con una lingua più biforcuta di quella di un serpente. In Lega Pro ed anche in serie D ci sono stati tanti avvicendamenti nelle ultime settimane. Alcuni maestri di calcio e di vita quali Osvaldo Jaconi e Giorgio Roselli, solo per fare degli esempi, sono tornati sulla breccia. Fa sempre piacere scrivere di uomini puliti, caratterialmente “sani” e professionalmente preparati. Per loro parla la carriera. Come di Stefano Sanderra che, accantonata la sua idea esterofila, ha riabbracciato il calcio di casa nostra, gettandosi con grande entusiasmo nel progetto di una nobile decaduta del nostro calcio.
La moda delle raccomandazioni e degli “zainetti” è però sempre più in voga. Anche per allenatori e direttori sportivi. In alcune piazze, il fascino tutto “particolare” della sponsorizzazione, ha offuscato quello della meritocrazia. E’ capitato così che talune scelte siano cadute sugli ormai soliti noti e che questi abbiano avuto, come ormai di consuetudine, il sopravvento su altri più meritevoli. Sia in alcune Società di Lega Pro come di serie D. Più del loro palmarés, fatto di esoneri e retrocessioni, hanno avuto peso le loro promesse promozionali. Ma tanto, si sa, che la loro stabilità operativa è equivalente a quella di un fuoco di paglia. Sintomatica la storia di quel tecnico tempo addietro “raccomandato” da un fantomatico cravattificio, ad una Società pugliese. Lo stanno ancora rincorrendo. In precedenza era già accaduto anche altrove. Lui però, imperterrito, la “sponsorizzazione” per una panchina sulla quale sedersi l’ ha trovata, fresca fresca, anche in questa stagione!
Il calcio italiano al giorno d’oggi. Un sistema che negli ultimi anni ha vissuto esperienze non tutte positive. Indispensabile trovare la volontà, concreta, di invertire rotta. Occorre una mentalità diversa. Il perché è molto semplice. Continuando sui tragitti attuali, tra poco non ce ne sarà più per nessuno. Esistono nuovi mercati, emergenti, interessati al prodotto calcio e, come è accaduto in altri settori imprenditoriali del nostro Paese, si corre il rischio concreto che, anche il controllo di quell’ industria, ci venga sfilato di mani.
Questa la valutazione personalissima di chi è vissuto di calcio, quello vero e palpitante, per oltre 35 anni. Sempre schierato in prima linea, mettendoci la faccia. Stagioni positive ed altre meno. Tante esperienze positive ed altre no. Sulla propria pelle. In tutte le categorie ed a tutte le latitudini. Ma tutte egualmente preziose e di grande insegnamento. Tutte utili, nel tempo, per riuscire ad interpretare le diverse anime che si agitano all’ interno del sistema. Dove, bene ribadirlo, nessuno è santo. Tutti gli armadi sono pieni di scheletri. Personaggi pronti a sgomitare per il proprio interesse economico e per protagonismo. Abbarbicati sui loro scranni. Privi del più semplice senso del pudore. Volta gabbana, come il più recente titolo di Bruno Vespa, pronti a saltare di carro in carro inseguendo l’ effimera gloria regalata da una poltrona.
A tal proposito devo diligentemente rispondere a quel presidente, mio amico, che mi rimprovera, errando, di essere schierato. Avendo, a suo dire, sposato la linea di pensiero espressa recentemente da Francesco Ghirelli. Evidentemente non sono stato compreso. Non ho manifestato simpatie per questo o per quello, né mi sono mai messo in testa al gruppo a tirare le volate. Da sempre, però, mi ritengo uomo libero e pensante. Da attento osservatore delle cose del calcio non posso esimermi dall’ annotare il costante ripetersi di eventi a dir poco “imbarazzanti” che contribuiscono ad inasprire la crisi del settore. Anche in Lega Pro. Gli esempi negativi sono nella quotidianità, con il silente consenso di tutte le componenti. In questi frangenti fare un passo indietro e, con grande spirito di servizio, mettere la propria esperienza a disposizione della causa è, da sempre, indice di grande maturità.
Ecco spiegato il perché delle mie esternazioni. Interloquire alla luce del sole non è malafede. Contribuisce, semmai, a raggiungere i risultati migliori.
Dal mio punto di vista, chiunque designato a dirigere, indipendentemente dall’ età anagrafica, dal cognome e dall’ esperienza, deve saper offrire, in categoria, una gestione del calcio trasparente e unanimemente condivisa. Dove ognuno è chiamato a recitare il proprio ruolo, senza commistioni. Dove non ci siano più penalizzazioni, fallimenti, radiazioni, rose “extra large”, zainetti e raccomandazioni. Un sistema solido, sostenuto da un valido progetto industriale che privilegi la legalità ed il rispetto delle regole.
Solo allora. Il mio plauso, pubblico, a “quel” presidente …