Quando il calcio diventa razzista. E non fa ridere
Sta rimbalzando sul web la condanna – giusta – della stampa cosentina verso uno striscione recante la scritta “Cosenegal”, di chiaro stampo razzista, esposto dalla curva catanzarese durante il sentito derby Catanzaro-Cosenza (disputato lo scorso week-end), probabilmente nato in risposta ad altri striscioni razzisti della curva rossoblù sbandierati negli anni passati in precedenti derby (uno su tutti: “Catanzaire terra degli zulù”).
Sostanzialmente: una risposta stupida a una frase altrettanto stupida. Perché insultarsi tirando in ballo paese africani non è goliardia, è sciocchezza, e non fa ridere: mai.
Non si vuol certo attaccare Catanzaro e Cosenza (e neppure i loro supporters) nello specifico, se fosse stata una squadra di Lega Pro avremmo “attaccato” anche i tifosi londinesi che a Parigi, prima di PSG-Chelsea, impedivano l’accesso alla metropolitana alle persone non europee; frequentemente la domenica dei tifosi offendono avversari stranieri con deplorevoli cori o appellativi ma poi – coerenza docet – esultano se un loro beniamino, magari della stessa nazionalità dell’avversario insultato, segna la rete decisiva.
L’episodio sopra citato è solo il pretesto per l’ennesima condanna a certi episodi, che non nasce da un finto buonismo, troppo spesso adottato nel nostro Bel Paese: la condanna nasce perché così facendo si dimostra di non essere in grado di cambiare una mentalità troppo radicata nelle persone, un’ideologia che continua a tramandarsi ma che non porta a niente di buono. Alimenta solo un insensato odio verso paese e mondi di cui probabilmente neppure si conosce una piccola parte.