Stop alla vergogna della violenza. La “vera” Lega Pro è il derby-spot delle Puglie. La vittoria del “gruppo” Tavecchio, l’utopia di fermare i campionati
La violenza. Gli attestati di solidarietà non “guariscono” le ferite. Quelle rimangono nel cuore, nella mente e nel fisico. L’aggressione perpetrata ai danni dei giocatori del Catanzaro, nel post partita di Melfi, è inqualificabile. Premeditata. Per questo ancor più condannabile. In Lega Pro auto distrutte, minacce a calciatori ed alle loro famiglie rappresentano situazioni che si ripetono ciclicamente dall’inizio della stagione.
Gli attestati di solidarietà non “riparano” una falla, della società civile, che le Istituzioni non riescono a “tamponare”. Rimangono semplici parole. A Melfi ci sono state delle responsabilità che debbono essere individuate. Non si arriva con tanta facilità in un settore riservato ai soli addetti ed ai tesserati se non per “leggerezza” (distrazione) di qualche soggetto preposto al controllo dei varchi.
La violenza, nel calcio, appare da tempo come un “danno” incurabile. Non vi è modo di porre rimedio. Gli attestati di solidarietà sono (vogliono essere) una panacea. Un rimedio universale. Il tentativo, come accade in agricoltura, di chiudere le stalle quando i buoi sono ormai scappati. Poi, nella sostanza, non cambia mai nulla. Ultimamente ad Ancona, in occasione del derby casalingo perso contro il Fano, la Società (peraltro latente) ha dovuto soggiacere alla richiesta della consegna (effettuata dal magazziniere) delle maglie a una frangia della tifoseria. In precedenza l’allenatore ed alcuni calciatori erano stati pesantemente contestati. Tutti tacciati di scarso rendimento. Il tutto è passato quasi inosservato. Di altri esempi se ne potrebbero citare a iosa.
In altri Paesi la violenza nel calcio è stata aspramente combattuta e debellata. Adottando provvedimenti restrittivi, anche immediati. Scoraggiando le manifestazioni inconsulte anche dei più esagitati. Dalle nostre parti si fa sempre e soltanto molto parlare. Intanto i “buoi”, come abbiamo sopra accennato, continuano a “scappare”.
Lo spot. Foggia – Lecce. Una sfida, sontuosa, dal sapore di un calcio antico. Da innamorati del gioco più bello del mondo. Una partita da categorie e palcoscenici ben più importanti. Domenica, le reginette del girone meridionale, si affronteranno allo stadio Zaccheria. Sarà sold out, immancabilmente. Un grande successo anche di pubblico. Il passo spedito di Foggia e Lecce ha disorientato e distaccato anche Matera e Juve Stabia le rivali, solo nei pronostici, nella lotta per la promozione diretta.
Un confronto che vale tanto per il primato (momentaneo) quanto per conferire autostima in proiezione futura. Non sarà comunque decisiva, che mancano ancora tante giornate alla fine della stagione regolare, ma, a seconda del risultato, potrebbe offrire delle indicazioni oltremodo significative. La vittoria garantirà anche un vantaggio determinante nel caso in cui, appaiate al termine del campionato, si dovesse far ricorso alla classifica avulsa. All’andata, come si ricorderà, finì in parità.
La posta in palio è notevole. Lo Zaccheria sarà vestito a festa. Sugli spalti il pubblico delle grandi occasioni reciterà, come sempre, da protagonista. Lo spettacolo, garantito indipendentemente dal risultato, recita che un vincitore c’è già: il gioco del calcio.
Il futuro. Come la realtà aveva evidenziato, nelle proiezioni, l’assise ha confermato Carlo Tavecchio, con merito, alla guida della Federcalcio. I paladini di Andrea Abodi avevano sbagliato i conti. Lo hanno coinvolto tardivamente, gli avevano promesso, ma non sono stati in grado di mantenere. Ho condiviso quanto scritto sulla “rosea” venerdì scorso da Ruggiero Palombo. L’analisi fatta nel suo “Palazzo di vetro” fotografa l’attuale situazione ai vertici del calcio nel paese dei campanili.
Al termine degli interventi, in assemblea, mi sono complimentato con Renzo Ulivieri e Cosimo Sibilia.
“Freccia” (così chiamavo amichevolmente Ulivieri quando si lavorava insieme a Cagliari) ha saputo evitare elegantemente l’inutile entrata, a piedi uniti, di Tommasi ed ha risposto con classe. In modo pacato. Nel suo stile. Saprà sicuramente farsi onore alla vicepresidenza e si renderà utile al sistema.
Cosimo Sibilia ha dato un saggio delle sua capacità politiche. Della sua dialettica e del suo saper fare. Conosce bene l’arte del farsi comprendere. Del “suo” 34 per cento ha lasciato sul tavolo soltanto le “briciole” facendo rimanere con un palmo di naso chi voleva sottrargli fette, abbondanti, della “pagnotta”. E’ un predestinato. Lo attende una poltrona importante, saprà offrire una collaborazione certosina.
Ho espresso nei giorni scorsi a Andrea Abodi il mio parere. E’ stato mal consigliato. Ancor più, male “assistito”. Non avrebbe dovuto cedere alle lusinghe di chi gli garantiva il successo senza averne la certezza. I numeri. Altri avrebbero dovuto candidarsi, al suo posto, se avevano quella convinzione. Di certo la strategia non era la più appropriata, lo hanno confermato gli eventi, ma rinunciare a priori alla sua professionalità potrebbe risultare un errore.
Al “Magno” Claudio si possono contestare tante cose. Esteriorità e comportamenti. Qualcuno li definisce “strafottenza”. Non è, certamente, uno che va per il sottile. Da par suo, però, non pretende di essere simpatico a tutti i costi. Certo, i suoi metodi possono non risultare graditi. Al tirar delle somme rimane, comunque e sempre, la sua concretezza. Nei conti, nei progetti, nella gestione. Per lui parlano i numeri che sono sempre determinanti. Qualcuno vorrebbe scalzarlo, non sarà affatto facile.
Carlo Tavecchio è giunto fisicamente provato alla votazione. Colpa di un virus che ne ha minato la condizione fisica. Era rimasto con un filo di voce. Ha trovato comunque la forza di togliersi, giustamente, più di un sassolino. Dovrà farsi carico di quelle riforme (indispensabili) che le leghe non sono state capaci di partorire. E’ pronto a confrontarsi sulla ripartizione delle risorse economiche. Quelle realmente disponibili. Ha dispensato buon senso e, una volta eletto, ha chiesto unità di intenti. Come era nella logica.
Unità di intenti che in precedenza auspicavano i suoi oppositori, ma che, nella delusione dei risultati, sembra essere andata smarrita. Lo scontro sarebbe infatti già in atto sulla riforma della mutualità nel calcio. Quelle che circolano sulla volontà, imminente, di bloccare i campionati di Lega Pro non sono soltanto voci.
Ergo. Quel desiderio, fortemente caldeggiato nel tempo, sedersi con tutte le componenti per ragionare a sistema, non ha forse più motivo di esistere?