Bucaro: “A Foggia l’apice della mia carriera, ora la città può tornare a sognare. Su Zeman…”
Giovanni Bucaro, ex difensore centrale che ha militato nel “Foggia dei miracoli” di Zdenek Zeman, squadra capace di concludere al 9º posto la Serie A 1993/94, dopo aver terminato la propria carriera da calciatore si è reinventato come tecnico, restando a galla con tenacia tra le onde anomale della gavetta. Contattato in esclusiva dalla redazione di pianetaserieb.it, Bucaro ha scavato tra i suoi ricordi senza limitarsi alla nostalgia, ma anzi sfruttando questi ultimi per sottolineare le similitudini e le differenze tra il calcio di quindici anni fa e quello attuale. Ecco l’intervista completa:
Salve mister Bucaro, lei che ha vissuto anni gloriosi della storia del Foggia, calcando con la maglia dei Satanelli anche i campi di Serie A, crede che ora, col ritorno in B dopo un lungo esilio nei campionati minori, la piazza possa sognare in grande?
“Sicuramente a Foggia ho raggiunto l’apice della mia carriera, conservo infatti ricordi splendidi di quel periodo. Venendo al presente, dopo un campionato vinto con merito e con una dirigenza forte alle spalle credo proprio che sognare in grande sia possibile: l’esempio della Spal, che aveva vissuto negli ultimi anni un travaglio molto simile a quello del Foggia ed ora è ad un passo dalla A, potrebbe essere valido anche per loro. Quando si lavora bene, si può competere per piazzamenti di prim’ordine.”
Artefice del Foggia dei miracoli fu indubbiamente Zdenek Zeman che, proprio in cadetteria, ha forgiato il talento di diversi giovani poi affermatisi come campioni: quanto sono stati importanti gli insegnamenti del boemo per la sua carriera prima di calciatore e poi di allenatore?
“Zeman fu un valore aggiunto, è stato capace di trasmettere a tutti noi calciatori quel quid in più che magari altri non riuscivano a dare: aveva una metodologia di lavoro ed un’idea di gioco che anticipava di gran lunga i tempi ed in tutta Italia, infatti, ci ammiravano sbalorditi. Io è naturale che come allenatore tenti di far miei alcuni dei suoi concetti, ma è altrettanto normale che, per avvicinarsi a ciò che ha fatto lui, bisognerebbe avere tempo a propria disposizione per lavorare ed oggi nel calcio si va troppo veloci, perciò diventa difficile…”
Approfondendo ciò che lei ha appena accennato, vorrei concludere quest’intervista parlando dell’esonero con cui, dopo appena due mesi dalla chiamata, si è conclusa la sua avventura a Monopoli. Che bilancio può trarre della breve esperienza alla guida della squadra pugliese?
“Quella di Monopoli non è stata un’esperienza positiva: quando si subentra a stagione in corso è necessario avere quel pizzico di fortuna che ti permette di ottenere subito i risultati, così da consentire alla squadra di scrollarsi di dosso i propri problemi. Ho ereditato una squadra in difficoltà sul piano psicologico ed ho fatto tutto il possibile per riprenderla, ma dopo la sconfitta col Cosenza, maturata in una giornata in cui avevamo delle gravissime assenze in difesa, la società ha cercato di dare uno scossone ulteriore alla squadra sollevandomi dall’incarico e facendo tornare Zanin. Ovviamente in tempi così brevi è molto complicato dare un’identità alla squadra, ma questo in Italia non viene capito: tutti noi allenatori siamo condannati ai risultati immediati, chi li raggiunge può crescere e migliorare, il destino degli altri, invece, è subito segnato.”
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