Nella storia, nella letteratura e nella mitologia, 300 è il numero degli eroi per antonomasia. Nel V secolo a.c. 300 spartani, comandati da Re Leonida, tennero testa all’esercito di Serse, mille volte superiore per numero (episodio a cavallo tra realtà documentata e leggenda), ritardando l’avanzata dell’esercito persiano, che poi quella guerra d’invasione finì per perderla (o quantomeno non la vinse). Ma anche Carlo Pisacane, nel 1857, comandò 300 coraggiosi che a Sapri provarono a trascinare la popolazione locale verso la rivolta ai Borboni, fallendo nell’impresa, perdendo tragicamente la vita, ma essendo consegnati per l’eternità ai posteri ed al mito attraverso le strofe della celeberrima poesia di Luigi Mercantini “La Spigolatrice di Sapri” (Eran Trecento, Eran giovani e forti …).
Non è la prima volta che mi cimento, osando, nel paragonare “gesta sublimi” alle imprese dei nostri tifosi sui gradoni degli stadi italiani. Mi perdonerete l’ardire del confronto, ma il calcio è fatto anche di simboli e di gesta, e quello che hanno fatto quei 300 ragazzi venuti da Foggia, alcuni anche da molto più lontano, per incitare gli uomini di Padalino al Barbera, se non ha del leggendario, sicuramente è qualcosa che lascia ammirati, commossi. Non saranno morti come i soldati ellenici o i temerari di Pisacane, ma di sicuro qualcuno oggi avrà come minimo la febbre e raffreddore – se non di peggio – per aver sopportato stoicamente, fianco a fianco, non solo un viaggio tremendo ed estenuante (pensiamo a chi è partito ed è tornato in giornata da Foggia), ma le ingiurie del maltempo che la Sicilia sembrava aver concentrato a sommo studio sul parco della Favorita lunedì sera. Questo non vuol dire che chi è rimasto a casa sia meno tifoso di chi ha sopportato l’insopportabile per non far mancare il proprio appoggio alla squadra, ma il sacrificio di questi ragazzi (e ragazze) meritava la nostra attenzione e soprattutto il nostro encomio.
In questi giorni abbiamo letto di tutto. Scoramenti, critiche, sfiducia, perplessità sul mercato, sulla società, sulla squadra, per non dire delle frecciate scagliate contro il DS e l’allenatore. Le critiche sono sacrosante e la sconfitta col Crotone ha lasciato tutti sconcertati, io per primo. C’è però un limite a tutto e la risposta data a tutti gli scettici (per usare un eufemismo) dai 300 di Palermo è stata encomiabile. Anche quando ci hanno chiusi in un angolo, quando schiumando rabbia hanno provato in tutti i modi a superarci, dal settore ospiti si continuava a cantare al ritmo dei tamburi sotto un diluvio incessante, tremendo, accompagnato da folate di vento gelido.
Quell’incitamento ha raddoppiato le forze agli undici rossoneri scesi in campo, ha dato loro il coraggio di resistere e di portare a casa un risultato che non era affatto scontato contro uno squadrone costruito per stravincere. I palermitani hanno giocato alla morte, nonostante le difficoltà societarie ed economiche, per dimostrare alla propria gente che non avrebbero mai usato il ricatto di una prestazione “sotto tono” per pretendere gli stipendi non pagati, non avrebbero perso per dispetto, anzi. Domandiamoci quante squadre ieri sera sarebbero uscite indenni da quel campo rischiando (se non meritando) addirittura di vincere. Poche, pochissime, ve lo dice chi a quella partita ha assistito e che ha visto da vicino la rabbia negli occhi degli uomini di Stellone prima, durante e dopo la gara. Che ha sentito dal vero le loro dichiarazioni a fine gara, che ha percepito nell’aria contro quale clima, oltre quello atmosferico, si sia giocato al Barbera.
Un generale di Serse, tornando alla metafora iniziale, giustificandosi per l’impossibilità di un esercito sovrastante per forza e per numero di superare un manipolo di avversari, pare esclamò:
<Mio Signore, pensavamo di combattere contro soldati, gente pronta ad andare in battaglia per denaro, ma questi sono invincibili perché combattono solo per un ideale.>
Verissimo. Quando si combatte per qualcosa in cui si crede, per un ideale, una passione pura, niente è impossibile e le forze si moltiplicano contro ogni ostacolo. Quei 300 ieri sera sono stati invincibili, e questa invincibilità l’hanno saputa trasmettere agli interpreti in campo, ed è per questo che tutti noi – tifosi rossoneri – gliene dobbiamo essere grati.
Da questo manipolo di “innamorati” del Foggia tutti dobbiamo imparare qualcosa. Certo, in campo non ci vanno gli Ultràs, non ci andiamo noi, ma un calciatore davanti a questa forza gioca con un altro spirito e nemmeno un avversario superiore riesce alla fine a superarlo. Il Palermo ci è superiore, lo ricordo a chi continua a criticare anche la prestazione alla Favorita, ma alla fine non ci ha piegato, anzi, ha rischiato di soccombere. I fatti dicono questo, il resto conta poco o nulla.
Ieri sera quei 300 “eroi” hanno a tutti indicato l’unica strada che può portarci fuori dai guai: quella della resistenza, dell’abnegazione e del coraggio, ma soprattutto quella della fede senza condizioni. Quando si ama si ama per davvero e in modo “esagerato”, senza limiti, come i 300 di Palermo ci hanno insegnato, amando pregi e difetti della propria squadra del cuore, altrimenti non è “amore”, citando Massimo Troisi, ma un “calesse”.
Fonte: www.miticochannel.it – Francesco Bacchieri