La “strana” giustizia dei “parrucconi” della Lega

La “strana” giustizia dei “parrucconi” della Lega

L’art. 111 della Costituzione, al comma 2 recita: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale…”, terzo e imparziale per tutti, ma non per i “fenomeni” della Lega che, unica in Italia, puó farla in barba ai dettati del Testo Sacro del nostro ordinamento giuridico senza temere conseguenze o opposizioni di sorta. Ma d’altra parte in Italia lo sport in generale, ed il calcio in particolare, godono di una autonomia e di una descrizionalità che ne fanno strutture autonome e autoritarie, tanto autonome ed autoritarie da potersi permettere ogni deroga alle più elementari regole democratiche. Così oggi il Foggia è stato giudicato “tranquillamente” non solo da giudici tutt’altro che terzi ed imparziali, ma che addirittura avrebbero potuto beneficiare direttamente ed economicamente dall’esito della propria decisione, come poi è accaduto, in barba anche alle più elementari regole civili e morali in materia di conflitto d’interessi, qualcosa che avrebbe fatto gridare allo scandalo persino i giuristi ai tempi dell’Ancien Règim e del Re Sole nella Francia del XVII secolo. Ma anche ammettendo la colpa, puó il ladro essere giudicato dal derubato? Ebbene la cosa non sarebbe possibile nemmeno seguendo pedissequamente la sharia in un Paese del Califfato. È una questione di metodo, dunque, a prescindere dal merito.

Ma veniamo ai fatti. La regola vuole che per perfezionare i contratti delle movimentazioni interne al mercato invernale le società di calcio debbano coprire con adeguate garanzie fidejussorie dette operazioni, pena la perdita della mutualità premiante da utilizzare per la crescita dei settori giovanili e l’implementazione delle strutture sportive (qualcosa come 2 milioni di euro di contributi). A Foggia questa fidejussione era pronta, ma l’arresto di Fedele Sannella l’aveva congelata e in quei momenti concitati nessuno in società se ne era potuto occupare. In soldoni se Fedele non avesse subito la restrizione cautelare della libertà (arbitraria e ingiustificata qualora il Patron venisse riconosciuto innocente) quella fidejussione sarebbe stata prestata regolarmente. Dunque il Foggia non l’ha potuta depositare non per scelta o per cattiva volontà, o peggio per dolo, ma per morivi di forza maggiore indipendenti dal proprio libero arbitrio. Ma ogni norma deve avere una sua logica e una sua finalità, diversamente risulterebbe arbitraria e tendenziosa. E se la finalità della richiesta di queste garanzie trovano una loro logica nell’assicurare ai terzi il soddisfacimento degli obblighi finanziari presi contrattualmente dalle singole società, il Foggia non solo questi obblighi li ha comunque onorati, ma il differenziale dare/avere delle operazioni di mercato è stato equivalente a zero, dunque le garazie fidejussorie sarebbero risultate pleonastiche. Pleonastiche per tutti ma non per i componenti del Consiglio di Lega che, giudicando “pro domo mea” e negando ogni giustificazione alla società di viale Ofanto, si sono di fatto accreditati (divisa in parti uguali) la somma che sarebbe stata destinata al Foggia condannandone (io aggiungo “ovviamente”) quest’ultimo a ridistribuirla agli “ottimi” e “imparziali” giudici rappresentati dai restanti 21 clubs confratelli (promossi e retrocessi compresi) della Lega di serie B. Come non ricordare allora le parole di una vecchia canzone di Fabrizio De Andrè che ci metteva in guardia da chi giudica pieno di livore, rancore e scarsa lungimiranza, tanto da essere paragonato ad un nano cupo e vendicativo che, “giudice finalmente, arbitro in terra del bene e del male”  a sommo studio esorcizzava i propri complessi di inferiorità mandando al patibolo vecchi e nuovi nemici a prescindere dall’accertamento del reato? È l’ennesima angheria che dobbiamo subire supinamente, l’ennesimo attentato al nostro diritto di esistere e di farci ambire al tanto sognato “posto al sole”. Quanto ancora dovremmo allora sopportare inermi prima di decidere di picchettare “il Palazzo” per far valere le nostre sacrosante ragioni?

Francesco Bacchieri – www.ilfoggia.com