Da Lagonegro al “Grande allenatore, piccolo uomo”: Foggia-Salernitana è anche la partita del “Profeta”
Non siederà su nessuna delle due panchine, nè sarà presente sugli spalti, ma Foggia-Salernitana è e sarà sempre anche la sua partita. Se in Puglia è stato il suo maestro Zeman a lasciare un ricordo indelebile, a Salerno l’allievo Delio Rossi ha scritto pagine di storia indimenticabili e che, ancora oggi, emozionano chi, in quei magici anni 90, ha vissuto il momento forse più bello della Salernitana e di una tifoseria che le partite le vinceva da sola, in simbiosi con un gruppo unito e che incarnava quei valori che nel calcio di oggi sono merce sempre più rara. Quando Casillo lo scelse per guidare i granata, Delio Rossi era un allenatore alle prime armi, reduce da un’esperienza con il settore giovanile rossonero, ma mai cimentatosi tra i professionisti in veste di tecnico. Gli inizi furono difficili, con la famosa contestazione a Lagonegro ed un clima di crescente tensione negli ambienti sportivi salernitani, laddove si invocava un mister più esperto e che potesse dare un contributo maggiore. Partita dopo partita, però, quella Salernitana fu in grado di ribaltare ogni critica e far innamorare un’intera città che, messo da parte l’iniziale scetticismo, seguì con passione le sorti dei granata in un’annata contraddistinta da tanti successi e da un gioco a tratti spettacolare e che fece parlare l’Italia intera. Al termine della lotteria dei play off, la Salernitana fu promossa in serie B grazie alla vittoria interna per 4-0 sulla Lodigiani ed al 3-0 inflitto alla Juve Stabia nel derby del San Paolo. Indimenticabili le lacrime di Rossi sotto la curva B, con la corsa di “Cavallo Pazzo” Grimaudo ed un popolo in delirio per il ritorno in cadetteria.
Il miracolo sportivo si sfiorò l’anno successivo, quando la Salernitana, dopo una partenza balbettante, riprese a sciorinare un calcio spumeggiante in casa ed in trasferta, con tante vittorie roboanti ed una classifica che le permise di sognare fino all’ultima giornata. Una serie di risultati sfavorevoli sugli altri campi nel girone di ritorno (famosa la sfida tra Piacenza ed Atalanta), il doppio pareggio consecutivo con Udinese e Lucchese e, soprattutto, il ko dell’”Atleti Azzurri d’Italia” fece riporre nel cassetto i sogni di gloria, ma la Salernitana meritò gli applausi dell’intera tifoseria. A fine stagione il colpo di scena, con il ritorno di Delio Rossi a Foggia accompagnato da tante polemiche e malumori. Quando i granata di Colomba furono ospiti allo “Zaccheria”, il tecnico romagnolo fu accolto da un eloquente striscione riportante lo slogan “Grande allenatore, piccolo uomo”, una frase forte trasformatasi pochi mesi dopo in “Allenatore ideale, uomo geniale”. Rossi, infatti, tornò a Salerno nel campionato 1997-98 e, ironia della sorte, perse la prima partita proprio a Foggia con il risultato di 2-0: a segno Daniele Franceschini e quel Vincenzo Chianese da lui fortemente voluto l’anno successivo e che fu preferito a Di Michele in tante occasioni malgrado lo scarso rendimento. Nella sfida di ritorno, con i granata già promossi in serie A matematicamente da un mese, si consumò la vendetta: i padroni di casa, spinti da 22mila spettatori, vinsero per 3-2 e condannarono il Foggia alla retrocessione. Da quella stagione in poi, i rossoneri non sono più riusciti a riassaporare il gusto della serie B, nonostante gli investimenti delle società ed il ritorno del maestro Zeman.
Fonte: www.granatissimi.com