Cesena, il dg Daniele Martini: “Ripresa del campionato solo se finita l’emergenza. Serve il sacrificio di tutti.”
In questo articolo http://news.superscommesse.it/calcio/2020/03/cesena-il-dg-martini-ripresa-del-campionato-solo-se-finita-lemergenza-serve-il-sacrificio-di-tutti-394040/ è contenuta l’intervista fatta al direttore generale del Cesena Daniele Martini. La conversazione ha toccato diversi temi, quali la difficoltà che l’emergenza coronavirus ha generato all’interno dell’ambiente di Lega Pro, la procrastinazione delle date di ripresa dell’attività agonistica e l’operato del presidente Francesco Ghirelli riguardo ai provvedimenti finanziari e fiscali proposti per le società di Serie C.
Il Coronavirus ha fermato tutte le competizioni sportive. Come credete sia stata gestita quest’emergenza in ambito calcistico? Cosa pensate delle misure adottate e del tempismo con il quale sono state attuate?
Mi sembra che ci siano stati dei comportamenti un po’ difformi tra Serie A, B e C. Per quanto riguarda la Lega Pro, mi sembra che in linea di massima si sia agito con una certa tempestività. Certo, a bocce ferme si può anche pensare che si potesse agire un po’ prima. Tuttavia, la Lega Pro ha seguito quelli che son sempre stati i provvedimenti emanati dal Ministero dello Sport, per cui la Lega si è adeguata ai suoi decreti. Noi facciamo parte, poi, del girone B, abbiamo giocato l’ultima partita il 22 febbraio, per cui il nostro problema può essere il fatto di essere andati avanti con gli allenamenti probabilmente sottovalutando il rischio corso dagli atleti. Tant’è vero che noi, come Cesena, abbiamo interrotto l’attività ancora prima che la Lega e il governo emanassero poi gli ultimi provvedimenti.
L’emergenza CoVid19 ha congelato la classifica: il Cesena ha 30 punti, è tredicesima a meno due punti dalla Virtus Verona e a più due su Gubbio e Pesaro. Quale obiettivo si prefigge la squadra in questa stagione, ormai stravolta da rinvii e sospensioni?
Il nostro obiettivo l’abbiam dichiarato già quest’estate. La nostra è una società che è ripartita l’anno scorso dopo il fallimento, e quindi l’obiettivo è il mantenimento della categoria. Ad oggi, siamo in linea con gli obiettivi che ci eravamo prefissati, poi magari tutti speravano di ottenere qualche punto in più, ma siamo contenti così e speriamo di finire la stagione mantenendo questa posizione.
Quali misure preventive verranno adottate per tutelare i tesserati quando verrà ripresa l’attività agonistica?
Su questo vorrei essere abbastanza chiaro: io spero che l’attività riprenda una volta superata l’emergenza. Noi abbiamo già adottato quelle che sono le misure di sanificazione degli ambienti, ma non si può scaricare sulle società sportive questo tipo di responsabilità. Non siamo in Serie A, in cui ogni squadra ha dieci medici a disposizione, venti fisioterapisti e magari anche uno spogliatoio per ogni atleta. Il calcio è uno sport di contatto, quindi gli allenamenti dovranno essere ripresi quando ci saranno le condizioni per essere ripresi. Diversamente, non si può riprendere. E’ inutile trovare delle scappatoie per il calcio, mentre la gente è chiusa in casa. Non si può permettere che i professionisti si allenino sotto la responsabilità del proprio medico, anche perché i medici che abbiamo noi sono impegnati negli ospedali, hanno altro a cui pensare, dal momento che non sono medici stipendiati direttamente dalla società, come accade in Serie A. Quindi, i nostri medici, il nostro responsabile sanitario e il medico di supporto adesso hanno altre priorità. Su questo, abbiamo le idee molto chiare. Noi speriamo che diano il disco verde per riprendere gli allenamenti, non parlo neanche di attività agonistica ufficiale, solo e soltanto quando l’emergenza sarà superata.
Che tipologia di allenamento svolgono in questo momento i giocatori, dal momento che verrà permesso loro di tornare ad allenarsi sul campo solo dopo il 3 aprile?
Il preparatore atletico ha consegnato loro una tabella di marcia da seguire presso le proprie abitazioni. Da oggi, però, è subentrato un problema ulteriore: un’ordinanza emessa dalla regione Emilia Romagna vieta la possibilità di andare a fare la corsa singola che il decreto nazionale ancora permette. Quindi, i nostri atleti, quelli che risiedono in regione e che non sono rientrati nelle proprie residenze in altre regioni, non possono uscire di casa, così come tutti gli altri cittadini dell’Emilia Romagna. Per cui, a questo punto, nasce un’ulteriore limitazione: se fino a ieri potevano, seguendo la tabella del preparatore, andare lungo il parco o la strada a fare una corsa, da oggi non possono più farlo. Un’ulteriore difficoltà.
Un’eventuale ripresa del campionato a maggio, potrebbe destabilizzare le squadre e le loro prestazioni o piuttosto offrire un momento di recupero delle forze e della forma fisica?
Premesso che in questa situazione le squadre si trovino tutte sullo stesso piano, è chiaro che, nel momento in cui verrà ipotizzata una data in cui si riprenderà il campionato, almeno quindici-venti giorni prima ci vorrà quel minimo di preparazione che permetta di andare a giocare senza subire traumi o infortuni di qualsiasi tipo. Questa è una necessità fisiologica, verrà concessa a tutti. Se il campionato dovesse riprendere il 2 maggio, significa che dopo Pasqua daranno il disco verde per andare ad allenarsi. Ma il problema è proprio questo: non mi sembra che ci sia tutto questo ottimismo da parte degli esperti in questo momento.
Il presidente Ghirelli è contrario allo svolgimento del campionato a porte chiuse, sostenendo l’idea di prolungare il campionato piuttosto che giocare senza tifosi sugli spalti. Cosa ne pensa?
Guardi, Le dirò di più. Per le società di Lega Pro, che non vivono grazie ai diritti televisivi, ma per le quali i ricavi pubblicitari sono legati alla presenza delle persone allo stadio, giocare a porte chiuse significherebbe la morte totale. Per il Cesena, ma anche per altre società, giocare a porte chiuse significa mancanza di ricavi per 1/3 della stagione, pari ad almeno un milione di euro. Se il campionato deve ripartire, deve ripartire a porte aperte. Se riparte a porte chiuse, significa la morte. Mentre in Serie A la visibilità dello sponsor te la concede Sky, Dazn, la Rai, la visibilità dello sponsor in Serie C è quella che ti danno 9.000 abbonati, 10.000 presenze tutte le domeniche. Quindi, la concessionaria che raccoglie la pubblicità per noi si attiva in base al pubblico presente, alla gente che va a vedere la partita. Se manca questo, è la fine. Per questo motivo, non solo la pensiamo come Ghirelli, ma lo invitiamo a non far assolutamente ripartire il campionato a porte chiuse, perché significherebbe la morte della Lega Pro.
Qual è la vostra posizione in merito al delicato punto dei provvedimenti finanziari e fiscali per i club invocati dal presidente della Lega Pro Ghirelli?
Premettendo che il presidente Ghirelli si stia impegnando al massimo per cercare di portare a casa dei traguardi importanti, mi sembra che al momento, specialmente a livello di governo, si siano fatti solamente degli annunci. E’ vero che è sia stata data la possibilità di spostare il versamento di contributi, come iva, irpef, inps, del mese di gennaio e febbraio, cose che il Cesena ha pagato, al mese di maggio, ma questo è rinviare il problema. Rappresenta sicuramente una boccata d’ossigeno a livello di liquidità in questo momento, ha fatto comodo a tante società, ma non è la soluzione del problema. Per tutto il resto, al momento abbiamo visto solo degli annunci. Da un lato, si è parlato di cassa integrazione per gli sportivi della Lega Pro, che potrebbe essere interessante. Tuttavia, per concretizzare il tutto servono degli accordi con l’Associazione Calciatori che al momento non ci sono. Per questo, adesso siamo davanti ad una battaglia che il presidente Ghirelli sta portando avanti, ma che non ha portato ad alcun risultato immediato, se non al rinvio di alcune imposte. Speriamo che ci sia qualcosa di concreto che ci permetta di andare nella giusta direzione. Voglio aggiungere che, a prescindere da quelle che saranno le decisioni prese dal governo per andare incontro a questo mondo, credo che questa volta i sacrifici vadano richiesti a tutte le componenti delle società di calcio. Non possono essere solo i presidenti e gli imprenditori a mettere mano al portafoglio: i sacrifici devono essere fatti da tutti, anche dai giocatori. Lo fanno tutte le famiglie italiane ed è giusto che il sacrificio venga fatto da tutti.
Il settore giovanile risente maggiormente il colpo inferto da quest’emergenza?
Il nostro settore giovanile è completamente fermo. Da quello che ci riferiscono i medici, probabilmente non riprenderà, ma gli allenatori hanno un contratto, hanno delle famiglie e non prendono dei grandi stipendi. E le società con attività ferma, come possono pagarli senza introiti? Noi abbiamo un’emergenza da affrontare e dobbiamo tentare di chiudere al meglio la stagione per pensare al futuro.