L’ex Monza Campisi: “Lascio il calcio. Per restare in Lega Pro bisogna prostituirsi…”

“So di essere scomodo. Ma per la seconda volta mi è passata la voglia di giocare a calcio. Non devo più niente a nessuno”. Questa è la storia di una passione macchiata. Questa è la storia di Luisito Campisi. “Tutto ha inizio quando lascio l’Italia dopo otto anni di professionismo, nel 2012. Rescindo con il Verona e tento la carta estera: passo per Stati Uniti, Romania e Grecia. Quando torno nel mio paese, tutto è cambiato”. Il presidente della LegaPro Mario Macalli, ha introdotto la regola dei giovani: “Una mossa ridicola. Crea una classe di giocatori “usa e getta” catapultata in una realtà sopra le loro aspettative. Questo li porta ad abbandonare gli studi per dedicarsi solo al pallone, ma per cosa? Le società li utilizzano solo per convenienza: con i contributi della Federazione ci pagano metà squadra“. Ma cosa rimane? “Quando si ritrovano “over” a soli 23 anni, si rendono conto di aver solo perso tempo. I dati dicono che solo il 5% fa strada”. Luisito Campisi non è uno di questi: “Grazie alla mia famiglia ho sviluppato una certa cultura del lavoro, oggi come oggi ho due società, l’Mpcd (pulizia, sanificazione e petrolio) e KyMoney Team (reclutamento e formazione imprenditoriale), che mi hanno sempre permesso di non toccare il fondo, anzi”. Ma Campisi vuole giocare: “A quel punto, le possibilità per un giocatore sono due: prostituirsi, accettando di giocare per poco più di mille euro al mese, o scendere nei dilettanti”.

Dilettantismo? “Inutile negarlo, nei dilettanti ti offrono più soldi, e molti accettano di scendere di categoria”. I pagamenti in contanti fanno la differenza: “Ma ti serve solo per la vita di tutti i giorni. Con quei soldi non puoi fare un mutuo per la casa, né un finanziamento per l’auto nuova”. E poi, niente è certo, anzi: “Presupposti, promesse, ma tutto è legato alle prime tre o quattro partite. Se le cose vanno male, i rimborsi iniziano già a saltare”. E l’Eccellenza non è il professionismo: “In Serie D ti riconoscono un minimo di 750 euro, legato al chilometraggio. In Eccellenza non c’è neanche questo. La Federazione dovrebbe capire che i tempi sono cambiati: se una società ti chiede 4/5 allenamenti settimanali, non si comporta come una professionista? Le fideiussioni dovrebbero esserci anche in queste categorie, e quanto meno anche un medico presente ad ogni allenamento“. Ma le fideiussioni non ci sono: “A questo punto le storie sono tante, e diverse. I risultati non arrivano, la società smette di pagare, e i giocatori si ritrovano a dover giocare comunque, altrimenti non ottengono lo svincolo per il mercato di dicembre. In certi casi, c’è chi ha dovuto anche pagarsi il cartellino, mille o duemila euro, per essere libero”. Che mondo è questo? “La maggior parte dei giocatori che conosco avanzano rimborsi del passato. Perché si ammettono ancora finti imprenditori alla guida di società calcistiche?”. Una macchia per tutto il movimento.

Legnano E si arriva al “caso Legnano”. Campisi racconta la sua esperienza: “Non ho nulla in particolare contro il presidente Zanda. Di fatto è lui che ha riportato il calcio a Legnano. Comunque, la storia è la medesima. Ho percepito il rimborso spese di agosto, non quello di settembre e ottobre. Alla fine, ho dovuto pattuire con lui un minimo di buonuscita, ma non è neanche il 50% del dovuto, d’altronde le carte private non servono a nulla, non tutelano. Io sono un imprenditore, non ci piango sopra, ma gli altri… Parlo in generale: c’è chi si ritrova sfrattato, chi diventa insistente, chiamando ogni giorno, perché non ha più niente in banca. Qui si parla anche di salute…”. Campisi, comprendendo la situazione, ottiene la possibilità di allenarsi con un’altra società, in vista di un possibile tesseramento invernale (ma non arriverà l’accordo), poi…: “A Legnano spunta una nuova cordata. Torno indietro, e con la squadra si fa fronte comune: si lavora se gli arretrati vengono saldati“. Così non è, il passato dipende sempre dalla presidenza: “Facciamo una cosa mai vista: scioperiamo. Con questa mossa, tutti parleranno di noi. Ma la nuova dirigenza convoca i giocatori singolarmente, e questi si vendono. Ognuno pensa solo a sé stesso. Hanno fatto leva sulla disperazione di qualcuno. Firmo il foglio dell’accordo come detto, sapendo di avere perso“. Il male del calcio italiano? E’ soprattutto questo. Lo scrive LombardiaCalcio.

Categoria: Serie C