Goal Racconta… – Quando Foggia diventò Zemanlandia: la storia della squadra più ‘bella’ degli anni ’90

Goal Racconta… – Quando Foggia diventò Zemanlandia: la storia della squadra più ‘bella’ degli anni ’90

Zdenek Zeman è stato uno dei più grandi innovatori del calcio italiano: il suo Foggia, nei primi anni ’90 era un autentico spettacolo. Riviviamo quell’avventura…

Zona, pressing, velocità, sfrontatezza, 4-3-3 e gradoni… tanti gradoni. C’è in realtà una sola parola che racchiude tutto questo, una parola che è anche il titolo di una favola, una delle più belle che il calcio italiano abbia mai raccontato: Zemanlandia. Protagonisti di questa storia sono un focoso imprenditore campano (Pasquale Casillo), un dirigente dal fiuto infallibile (Peppino Pavone), un gruppo di ragazzi sconosciuti ma affamati e soprattutto un tecnico di poche parole, dallo sguardo gelido e dalle idee calcistiche rivoluzionarie: Zdenek Zeman.

E’ il 1986 quando Pavone consiglia al presidente del club rossonero di affidare la squadra ad un giovane allenatore di belle speranze che ha fatto parlare di se soprattutto in Sicilia e che sta facendo ottime cose a Licata. Casillo è scettico, non conosce Zeman ed il suo gioco ma il destino vuole che da lì a qualche giorno il Foggia sia chiamato ad affrontate proprio la compagine siciliana ed è questa l’occasione propizia per vedere da vicino il boemo. I pugliesi si impongono per 4-1 ma Casillo resta affascinato da quel gruppo di ragazzi che corrono come forsennati fino al 90′ e prende una decisione che cambierà per sempre la storia del calcio foggiano: la squadra sarà affidata a Zeman.

Gli inizi non sono propriamente di quelli che lasciano pensare ad un qualcosa di epico. Zeman infatti accetta la corte del Foggia ma la squadra che si ritroverà in ritiro in Trentino è composta da appena sette giocatori e a rendere il tutto meno agevole ci si mette anche una retrocessione in C2 per illecito sportivo poi tramutata in una penalizzazione di cinque punti in C1, almeno la categoria è salva. Anche il campionato non parte sotto i migliori auspici, visto che la prima ufficiale di Zeman sulla panchina del Foggia coincide con una sconfitta allo Zaccheria per 1-0 con il Sorrento, ma da lì in poi sarà un crescendo di risultati ed emozioni.

I Satanelli concludono l’annata con un ottavo posto che sarebbe stato quarto senza il -5, ci sono insomma tutti i presupposti per una successiva stagione da protagonisti ma… c’è un ma grande quanto una casa. Casillo infatti è convinto che Zeman stia trattando con il Parma e sentitosi tradito decide di esonerarlo.

Quella che è una splendida storia potrebbe concludersi a questo punto ma invece è paradossalmente qui che ha inizio. Il Foggia viene affidato a Giuseppe Caramanno che riesce nell’impresa di portare la squadra in B ma Casillo non ha dimenticato Zeman ed il suo gioco spumeggiante, è convinto che sia lui l’uomo giusto per coltivare il sogno più grande, quello chiamato Serie A, e decide clamorosamente di richiamarlo, ricevendo in cambio un si.

L’intenzione della società è quella di scovare giovani talenti a basso costo che possano esaltare le caratteristiche del gioco del boemo, si fa un’unica eccezione per un ragazzo di belle speranze che gioca nel Piacenza e che è costato qualcosa come un miliardo e mezzo: Beppe Signori. Zeman accoglie il nuovo rinforzo in ritiro con un “Benvenuto bomber”, cosa che lascia lo stesso giocatore perplesso visto che sin lì in carriera ha segnato pochissimo. Quello che l’attaccante evidentemente non sa è che il boemo ha già immaginato per lui un futuro da fenomeno. I primi mesi sono terribili, la squadra veleggia nelle zone bassissime della classifica e la piazza chiede a gran voce l’esonero dell’allenatore ma il Foggia, come per incanto, inizia a volare, diventa una macchina da goal che produce un gioco fatto di velocità e di azioni fulminanti.

La città è estasiata, i tifosi non credono ai loro occhi, si chiude con un ottavo posto e la consapevolezza che quella successiva sarebbe stata l’annata giusta.

Il nuovo Foggia, quello della stagione 1990-91 è uno spettacolo. I vari Mancini, Codispoti, Padalino, Barone e Manicone sono i pilastri di una squadra che davanti può contare su un tridente che in Capitanata è diventato quasi uno scioglilingua: Signori-Baiano-Rambaudi. I tre sono i terminali offensivi di una macchina perfetta che viaggia al doppio rispetto agli avversari, un piccolo fenomeno calcistico che inizia a far parlare di se anche lontano dalla Puglia. Il campionato si tramuta in una marcia trionfale conclusa con un primo posto e con Baiano capocannoniere al pari di Balbo e Casagrande… non propriamente due qualunque.

Dietro ai successi dei Satanelli ci sono settimane fatte di allenamenti massacranti, di gradoni dello stadio saliti più e più volte con pesi sulle spalle e il tutto senza un centro sportivo. Il Foggia si allena dove può, anche sul cemento dello spiazzo davanti allo stadio, questo passa il convento ma nessuno si lamenta anche perchè in fondo alla base di tutto c’è la fame di emergere. Il concetto è chiaro: per sopperire alla mancanza di qualità rispetto agli avversari bisogna correre il doppio.

La Serie A si ritrova così nel 1991 a fare i conti con un nuovo fenomeno. Ad un gruppo già collaudato si sono uniti tre stranieri provenienti dall’Est (Petrescu in difesa, Shalimov a centrocampo e Kolyvanov in attacco), tre ragazzi pronti ad integrarsi al meglio e ad affrontare i sacrifici che Zeman richiede.

Cosa insolita per il calcio italiano, il Foggia è una provinciale che va a giocarsela ovunque e contro chiunque, se non fanno paura i gradoni dello Zaccheria figurarsi i manti erbosi dei migliori stadi della A. I primi ad accorgersi che un nuovo ciclone si sta abbattendo sul calcio italiano sono i giocatori dell’Inter: a San Siro finisce 1-1 alla prima del campionato. La prima stagione nella massima serie si conclude con un nono posto ma quello che meglio fa comprendere quale fosse la filosofia di gioco di quella squadra è un altro dato: a fine campionato l’attacco dei Satanelli è il secondo migliore del torneo, dietro solo a quello di un grande Milan che nel frattempo si è laureato campione d’Italia.

Se il sogno della Serie A è stato raggiunto adesso si punta ad un qualcosa di ancora più ambizioso: l’Europa. L’estate però è di quelle che lascia l’amaro in bocca. Le grandi d’Italia si sono innamorate dei gioielli rossoneri e uno dopo l’altro fanno le valigie Shalimov, Rambaudi, Baiano e Signori. I tifosi piangono e le casse della società ridono in virtù dei 60 miliardi incassati, ma cosa fare adesso con tutta questa liquidità? Zeman è in realtà convinto che fosse inutile trattenere ragazzi che avevano la possibilità di spiccare il volo e decide che è il caso di sostituirli non con nomi di rango ma con altra gente affamata. Ad un gruppo ridotto all’osso si uniscono gli ‘sconosciuti’ Di Bari, Nicoli, Caini, Seno, Di Biagio, Mandelli, Sciacca, Cappellini, Medford e Bresciani, l’unico giocatore che fa sognare la piazza è Bryan Roy che arriva addirittura dall’Ajax.

In molti scommettono su una retrocessione scontata ma sbagliano: la squadra di Zeman gioca ancora un calcio meraviglioso e al cospetto di tutti. Chiedere per conferma alla Juventus che alla tredicesima giornata allo Zaccheria impazzisce nel tentativo di tenere i ritmi dei rossoneri. Il primo tempo si chiude sullo 0-0 nell’intervallo Zeman ammonisce i suoi ragazzi e pronuncia parole rimaste indelebili nella storia del calcio foggiano: “Finora avete fatto riscaldamento, adesso andate lì fuori ed iniziate a giocare”. Finisce 2-1 con reti di Bresciani e Mandelli di pregevole fattura. Il risultato non rende giustizia alla superiorità dei rossoneri ma anche il grande Trapattoni si deve comunque inchinare.

Dopo il dodicesimo posto del campionato 92-93, il Foggia si prepara a vivere la decima stagione di Serie A della sua storia e lo fa regalandosi due rinforzi del calibro di Stroppa e Chamot. I Satanelli non sono più una sorpresa ormai, sono anzi una delle squadre più temute del torneo e scalano la classifica fino a sfiorare quella tanto sognata qualificazione europea sfumata solo all’ultima giornata in uno scontro diretto con il Napoli.

E’ l’ultimo capitolo di una storia che seppur priva di Coppe e Scudetti è epica e forse irripetibile. A dire il vero il trio Casillo-Pavone-Zeman ha provato a ricostruire il giocattolo sedici anni dopo nel 2010 ma il calcio è cambiato e il prodigio non si ripete. A spiegare però quanto nell’immaginario di tutti sia rimasto quel ‘Foggia dei miracoli’ il fatto che al momento del ritorno di Zeman in Capitanata, Foggia ed il Foggia per giorni interi sono tornati a rubare le prime pagine dei giornali alle ‘Grandi’ proprio come avevano preso l’abitudine di fare anni prima.

Zemanlandia il titolo di una fiaba si diceva, una di quelle che solo il calcio può raccontare. E’ stata un’avventura fatta di coraggio, follia visionaria, voglia di emergere e di un modo di ‘giocare a pallone’ che in Serie A non si era mai visto e che poi mai più si vedrà. Resta un solo rammarico: c’è una legge non scritta ma che non lascia scampo che dice che anche le favole più belle sono destinate a finire e la sensazione è quella che il calcio moderno di fiabe del genere possa raccontarne sempre più di rado.

Quello che hanno fatto Zeman e i suoi ragazzi per cinque memorabili anni nessuno potrà mai cancellarlo e infatti non è un caso che quel Foggia, quello che da impertinente guascone guardava negli occhi e sfidava a viso aperto le grandi del calcio italiano, sia rimasto nel cuore di tutti gli appassionati e nella storia del calcio italiano.