Da Nonno Ciccio alla “braciol”: un pomeriggio vissuto con i tifosi del Foggia, tra aneddoti e calcio vero
Raccontare una partita da giornalista non è poi un lavoraccio: entri allo stadio senza fila, ti siedi alla tua postazione, accendi il pc, ti connetti al wifi e inizi ad appuntare di tutto, sperando poi di trovare quello spunto in più che contraddistingue il vero “storyteller”. Già, tutto bello, direbbe qualcuno. Eppure, davvero niente in confronto a quel tipo di emozioni che può darti una partita vissuta in settori molto più calorosi, al fianco di tifosi purosangue.
E Foggia da questo punto di vista non è mica male. Anzi, tutt’altro, eh: è un sabato pomeriggio mite quello dello ‘Zaccheria‘, dove Foggia e Benevento sono pronte a contendersi punti caldissimi nella lotta alla promozione. Si tratta della seconda contro la terza, in un match che ha anche qualche incrocio di mercato parecchio interessante. Poi, però, squadre a parte, la cornice è di quelle che non si dimenticano: 12mila spettatori, quasi 500 supporters giallorossi, con tanto di coreografie degne delle migliori piazze in Serie A. Malgrado la temperatura molto più primaverile che invernale, prima di entrare i tifosi si ritrovano nei bar. C’è chi prende il Borghetti, o magari un amaro per un rituale tutt’altro che “sobrio”. Poi, però si entra e si fa subito sul serio.
E’ la gradinata ad accogliermi, in un colpo d’occhio travolgente. Tutti i gradoni sono riempiti in ogni ordine di posto. Il tutto condito da sciarpe, maglie e striscioni, che esprimono tutta la sana rivalità calcistica tra le due squadre. In gradinata, poi, c’è anche un signorotto di anni 91. Si chiama Francesco, ma per tutti è rigorosamente “Nonno Ciccio”. A primo impatto sembra avere almeno trent’anni di meno, se non fosse per il suo giubbotto, diventato il vero tratto distintivo di questo arzillissimo tifoso rossonero. E proprio sul giubbotto racconta: “Ha 74 anni, ci tengo perché mi rappresenta. Sono stato prigioniero in Egitto ed era con me, adesso è ancora qui. Ho anche delle spille, che raccontano la mia vita e il Foggia. Su tutte una che mi ritrae con Zeman e un’altra sulla mia Sant’Agata di Puglia, posto in cui sono nato. Ci sono molto affezionato”.
Tra una chiacchiera e l’altra, qualcuno estrae fuori panini appetitosi. Anche se, il cibo domenicale e calcistico per eccellenza da queste parti è la braciola. C’è chi la mangia prima di andare allo stadio, chi durante la partita, chi dopo. Ma per una sana domenica calcistica, l’involtino di carne alla “foggiana” è davvero immancabile. Intanto il Foggia di De Zerbi comincia a giocare, prova a nascondere la palla ad un Benevento molto ben messo in campo. La manovra è tambureggiante, e arriva così il primo episodio clou del match: rigore per il Foggia con Agnelli che si fa ipnotizzare dagli undici metri. I rossoneri hanno sciupato 4 rigori su 4 calciati nel proprio stadio. Bhè, tutt’altro che un poker d’assi. Un bluff, forse.
Poi Sarno tira fuori dalla manica un asso vero: dalla sua mattonella mette il pallone nel sette e porta in vantaggio il Foggia. Nel frattempo su Whatsapp mi arriva un messaggio da mia madre: “Ho sentito un rumore fortissimo, cosa è successo? Niente Mà, ha solo segnato il Foggia” – le replico io. Poi attorno al minuto 70′ entra anche Iemmello che si prende la standing ovation del suo pubblico. Pace fatta con tutti, con il “Re” pronto a prendersi la sua regina. Sembra fatta per i rossoneri, ma poi il Benevento pareggia: rigore di Mazzeo ed è 1-1 finale. Bravi i tifosi dei giallorossi, sempre sul pezzo anche loro. Dal primo all’ultimo minuto li vedi cantar a squarciagola, sommersi, però, dai 12 mila tifosi rossoneri. Alla fine finisce così. Con un pareggio che fa molto più felice Auteri che De Zerbi. Sugli spalti, invece, vincono tutti.
Il mio sabato pomeriggio è stato un successone. Tra Nonno Ciccio, a “braciol” e il “Borghetti”, a Foggia non ci si annoia mai.