Sasà Campilongo: “Non vedo l’ora di tornare in panchina”

In qualità di doppio ex, seguirà la sfida di mercoledì pomeriggio con grande attenzione e con il cuore diviso a metà. Sia ad Ischia, sia a Salerno ha lasciato un buon ricordo e Salvatore Campilongo, ai microfoni di TuttoSalernitana.com, ha rilasciato una lunga intervista contraddistinta dalla solita schiettezza.

Mister, che partita è lecito attendersi mercoledì?

“Sono due realtà piuttosto diverse: la Salernitana, pur avendo fatto B ed A nell’ultimo ventennio, vanta una grande esperienza in Lega Pro ed è stata attrezzata per vincere, l’Ischia può puntare alla salvezza e ritorna in questa categoria dopo 16 anni. Hanno tanti giovani di belle speranze ed un gruppo volenteroso, sarà un gara molto interessante in un ambiente tranquillo”.

Favorevole o contrario al cosiddetto turnover?

“Non credo che un calciatore di 25-26 anni che si allena ogni giorno possa fare fatica a disputare tre partite in una settimana. Sono contrario, a volte gli allenatori si nascondono dietro il turnover per giustificare il mancato impiego di un giocatore o per accampare scuse in caso di risultato negativo. Sono del parere che quando una squadra trova una sua identità bisogna cambiare il meno possibile, al massimo un paio di pedine se qualcuno è afflitto da noie muscolari”.

La vicenda Somma, alla lunga, può influire negativamente sul rendimento della squadra?

“No, perchè, per quanto traumatico, il ribaltone è avvenuto ad inizio agosto ed il campionato non era ancora iniziato. La società è stata bravissima ad individuare in pochissimo tempo il nuovo condottiero, un allenatore che ha dimostrato di essere valido anche in B e che conosce benissimo gran parte dei calciatori in rosa”.

Il ricordo più bello della sua esperienza da calciatore granata?

“Ne ho tanti, lì sono stato benissimo. Direi il calore del pubblico, il tifo di quella gente che era capace di trascinarti ogni domenica alla conquista della vittoria. La cosa bella è che la tifoseria salernitana non è mai cambiata nel tempo: ero all’Arechi la settimana scorsa, il 3-3 ed il 4-3 contro l’Aversa Normanna è merito di una curva Sud che, durante un campionato, ti aggiunge 6-7 punti in più in classifica. Per ogni professionista è il massimo lavorare in una piazza del genere”.

Eppure, con la sua Cavese, fece tremare i 20mila dell’Arechi nel 2006. Quanto le ha cambiato la carriera quel gol di Mastronunzio al 95′?

“Ricordo volentieri quel triennio con la Cavese: un campionato vinto, un trofeo in bacheca, tre anni di imbattibilità casalinga ed una C1 da protagonisti. Contendemmo la vetta a squadre come Ravenna, Avellino e Foggia, a Salerno disputammo un’ottima gara e ci imbattemmo nelle grandi parate di Mancini. Semifinale col Foggia? Il calcio è questo: perdemmo lì 5-2 ed eravamo virtualmente eliminati, in casa, al 94′, ci trovavamo sopra di 3 gol e ad un passo dal grande sogno. Sono convinto che in finale avremmo conquistato la B: la Cavese stava benissimo e giocava un calcio spettacolare, l’Avellino attraversava un momento delicato. Per la mia carriera, però, non ho rimpianti. Ho fatto la B ad Empoli, sono retrocesso immeritatamente proprio ad Avellino anche a causa di due infortuni gravi a De Zerbi e Sforzini, ho allenato realtà importanti come Frosinone e Foggia, ho vinto ad Ischia. Sono in attesa di una chiamata, non vedo l’ora di tornare in panchina”.

Le piace il calcio di oggi? In molti dicono che non esiste più la meritocrazia…

“Adoro il mio lavoro e amo il mondo del calcio, ma questo non è lo sport che in passato faceva innamorare migliaia e migliaia di persone. Sono abituato alle partite la domenica alle 15, al giovane che gioca se è bravo e non per ottenere i contributi federali, agli stadi pieni ed al pubblico che ti incita fino al 90′. E’ cambiato un pò tutto, ma io vado avanti per la mia strada provando ad inculcare determinati valori ai giocatori che alleno”.

Categoria: Serie C