De Zerbi sfida il Maestro Andrea «Bellissimo lo scudetto con il Cluj»

 

Roberto De Zerbi fu il primo pensiero di Mandorlini appena mise piede a Verona. Al Cluj, nella vecchia capitale della Transilvania, avevano vinto tutto. Campionato, Coppa di Romania e Supercoppa. «Arrivasse uno come lui sarebbe un bel colpo», disse Mandorlini un giorno a Sandrà, ricordandosi di uno che sapeva interpretare alla perfezione il suo tridente. De Zerbi al Bentegodi arriverà però solo sabato, in ritardo di oltre cinque anni e per di più da avversario, sulla panchina del Foggia. Con un chiodo fisso: il suo vecchio maestro. Un riferimento assoluto, non solo in campo.
«Caratterialmente siamo simili, lo dico con orgoglio – ammette il tecnico del Foggia -. Due persone vere, magari un po’ scorbutiche e litigiose. Dietro il carattere del mister, che può sembrare apparentemente introverso e duro, ci sono però una sensibilità ed una bontà d’animo straordinarie. Per questo sono molto legato a lui».

Cosa non dimenticherà mai di Mandorlini?
«Il periodo in cui mi ha aspettato dopo l’infortunio ai tempi del Napoli, quando tutti mi avevano scaricato, pensavo di non poter rientrare nel grande giro. Mandorlini mi ha dato l’opportunità di riprendermi e di tornare ad essere un giocatore di calcio».

È il suo numero uno?
«Mandorlini e Marino dal punto di vista tecnico e umano sono quelli che mi hanno dato di più, due allenatori che hanno lasciato il segno. Ancora adesso ci sentiamo spesso, ci vediamo a cena. Mi rivedo molto in lui».

Il calcio di De Zerbi quanto s’ispira a quello di Mandorlini?
«Come idee siamo un po’ diversi, ma è giusto che ogni allenatore abbia la propria identità. A me piace partire da dietro, lui è più pratico ma comunque propositivo. Un filo conduttore fra me e lui comunque c’è».

La sua fotografia del ciclo di Mandorlini a Verona?
«Se negli ultimi anni in Italia c’è stato un miracolo nel calcio allora quello è stato il Verona. Non so quanti allenatori italiani avrebbero ottenuto i risultati che ha raggiunto Mandorlini, passando dalla zona retrocessione della C1 ad una Serie A di metà classifica. Mi spiace solo che qualche volta sia stato persino messo in discussione».

Giudizio sul Verona?
«Buona squadra, ma mi chiedo come Mandorlini, da amante del 4-3-3, farà stare insieme Luca Toni e Giampaolo Pazzini. So che lui stima tantissimo Pazzini ed è innamorato di Toni. Ho già cominciato a preparare la partita, ma sono curioso di capire come giocherà il Verona visto che né Toni né Pazzini possono adattarsi a fare la punta esterna».

Come si marcano Toni e Pazzini?
«Toni non riescono a marcarlo neanche i campioni, figurarsi noi che siamo due categorie dietro il Verona. Un campione non lo puoi imbavagliare, puoi provare a limitarlo ma non è detto che ci riesci. Al di là di Toni mi piace però pensare a quel che dovrà fare la mia squadra. A calcio, lo dico sempre, male che vada si perde. Ma non sarebbe nulla di irrimediabile».

Chiamerà Mandorlini in settimana?
«Non so se ci sentiremo, adesso il mio pensiero è un altro. De Zerbi, che ha cominciato a far l’allenatore ieri, si troverà presto di fronte ad una delle sue grandi guide. E questa è davvero una bella sensazione».

Il successo più bello al Cluj?
«La vittoria del campionato. Perdevamo due a zero la partita decisiva, io ero in panchina. Ad un certo punto il mister mise dentro me e Piccolo, vincemmo tre a due e quindi conquistammo lo scudetto. Ma io ricordo bene anche quando Mandorlini venne esonerato in maniera vigliacca alla vigilia della Champions League. Ero talmente legato a lui che volevo andarmene e rompere subito il contratto. Per regolamento non si poteva, ma dentro mi resta ancora un forte senso di ingiustizia».

Mandorlini, appena arrivato a Verona, fece il suo nome…
«Il Cluj si oppose, ma neanche io volevo forzare troppo la mano. In Romania sono stato trattato bene. E nella vita è giusto anche essere riconoscenti».

C’era anche Nicolini in quel Cluj…
«Sì, eravamo un bel gruppo di italiani. Non solo lo staff tecnico ma anche tanti giocatori. Per me è stata un’esperienza importante. Lingua diversa, cultura diversa. Gli anni al Cluj mi hanno aperto anche la visione del calcio, soprattutto a livello metodologico».

Fra i grandi allenatori a chi assomiglia di più Mandorlini?
«A Mazzone. Uno genuino, spontaneo e che in campo ha saputo produrre tanti risultati. Mandorlini coi giocatori ha un rapporto bello, sincero, trasparente. Lui è come lo vedi. La gente, che non è stupida, capisce al volo le persone come lui. E non può non apprezzarle».

Fonte: www.larena.it

Categoria: L'Avversario