Amarcord: Foggia-Salernitana, da oltre vent’anni la partita infinita

Amarcord: Foggia-Salernitana, da oltre vent’anni la partita infinita

In principio fu Casillo: quando Salerno era la “succursale” della Daunia.

Amici mai. Però “parenti” sì. E pure serpenti. Dall’alba degli anni Novanta quelli di Foggia e Salernitana sono due destini che s’uniscono. Arricchendo di significati storici ed emotivi la sfida che ritorna sabato, dopo poco meno d’un decennio, (forse) allo Zaccheria. In principio fu Pasquale Casillo, “il re del grano” e degli albori delle multiproprietà (Claudio Lotito oggi, in fondo, altro non fa che emularlo con cinque lustri di ritardo). Dalla Daunia a Salerno, allungandosi poi persino a Bologna: l’imprenditore di San Giuseppe Vesuviano mise su un vero e proprio impero del pallone. In Puglia l’epicentro, in Campania e in Emilia le “succursali”.

Ora come allora, all’ombra del Castello d’Arechi andava giù a nessuno l’idea d’una Salernitana “sorella minore”. Del Foggia, in quel caso. E così come adesso nello stadio con il nome da principe si urla «Salerno non è la Lazio», all’epoca fu durissima la contestazione al (multi) patron Casillo. Chiedere per conferma a Delio Rossi, il “signor nessuno” dell’estate 1993 a Lagonegro, che prima di diventar “profeta” a suon di risultati, 4-3-3 champagne e promozioni, dovette subir l’onta d’una sommossa popolare con pochi precedenti. «Che fa questo qui? – si chiedevano in soldoni i supporters del cavalluccio marino – Mette la Salernitana in mano a un giovane che arriva dalla Primavera del Foggia?». Per giunta portandosi dietro un bel po’ di “promesse” di quel vivaio dei satanelli. La storia avrebbe poi dato ragione a una gestione sì precaria ma tremendamente esaltante, e vincente: l’epopea di “Rossilandia”, degna etichetta per un allievo autentico di Zdenek Zeman che intanto incantava allo Zaccheria in serie A, l’esplosione dei talenti giunti in granata nell’anonimato e tra lo scetticismo (un nome e cognome per tutti, Salvatore Fresi), il ritorno in B prima del passaggio di consegne – tutto sangiuseppese – da Pasquale Casillo ad Aniello Aliberti.

Intreccio finito? Macché. Estate del 1995, e la Salernitana arrivata a un centimetro – e un punto – dal paradiso del calcio si ritrovò senza il suo allenatore. Delio Rossi al passo d’addio. Per accasarsi al Foggia. Sì, proprio lì. Dov’era partito da sconosciuto, per farvi ritorno da tecnico emergente, fenomeno del momento. Il sogno d’una nuova “Zemalandia” in terra di Capitanata, però, durò lo spazio di qualche mese. E siccome il destino a volte se la spassa, i titoli di coda sull’avventura del “profeta” riminese sulla panchina foggiana furono scritti proprio in una partita con i granata. Già all’andata, all’Arechi, il cavalluccio marino di Franco Colomba ne aveva rifilati tre ai satanelli, sullo sfondo d’una Curva Sud che aveva sentenziato per il suo ex eroe l’etichetta di «grande allenatore, piccolo uomo». La vera vendetta, per quel “tradimento” mai digerito, il popolo dell’ippocampo la servì freddissima un girone dopo, quando le magie di Enrico Maria Amore e i rigori di Pasquale Logarzo sbancarono lo Zaccheria, mettendo l’ipoteca su un esonero annunciato in coro da un «Delio Rossi chi è?» scandito da 5mila supporters in delirio. Che si sarebbero rimangiati (quasi) tutto un anno e mezzo dopo, perché “il profeta” riprese l’autostrada Adriatica, stavolta da Pescara, per poi deviare e far di nuovo rotta su Salerno. Saldò tutti i conti. Conquistò la promozione in serie A e – riecco il destino – spedì il Foggia in C superandolo nella penultima giornata all’Arechi. Prima di far la spesa in Daunia, da dove nell’estate seguente arrivarono l’oggetto misterioso Bak, il flop Chianese ma pure il talento puro Di Michele.

Corsi e ricorsi. Intrecci senza tempo. Trascinatisi sino all’era Antonio Lombardi. Che nel primo anno della sua avventura, stagione 2005/2006, sfiorò la B con Stefano Cuoghi. Allenatore che conquistò la piazza. Salvo poi andar via dopo la sconfitta nei play-off con il Genoa. Per trasferirsi dove? A Foggia, ovviamente, portandosi dietro una schiera di “fedelissimi”. E un bel po’ di veleni. Sputati fuori in una maxi-rissa sotto un diluvio torrenziale nello scontro diretto con la Salernitana di Raffaele Novelli, finito senza gol e tra molte botte, con tanto d’inchiesta penale. L’ennesima puntata d’una storia infinita. Amici mai…

Fonte: www.metropolisweb.it