Foggia, quando una stretta di mano conviene proprio a tutti…
È un incantesimo, un bell’incantesimo, che s’infrange sul più bello.
Il Foggia con la sconfitta di Chiavari abbandona i playoff e saluta i propri tifosi, dando appuntamento al prossimo campionato. Prima la vittoria sulla Turris, poi il sassolino tolto dalla scarpa ad Avellino e infine un successo al cardiopalma arrivato nei minuti finali con l’Entella allo Stadio Zaccheria. È in dolce inizio di un’amara fine.
Qualche giorno più tardi, sarà proprio la squadra ligure ad infrangere i sogni di gloria di Curcio&Company. Il 2-1 di Chiavari non può che rappresentare un punto d’inizio e non una fine. È l’inizio di un progetto tecnico nato con Zeman (e per Zeman). Si prospettano ore calde in casa Foggia, il futuro del boemo dovrà essere scritto. In simbiosi con il suo destino c’è anche quello del direttore sportivo Peppino Pavone.
Ma perché il Presidente Canonico dovrebbe dare fiducia al duo di Zemanlandia? La risposta, forse, è più semplice del previsto.
Il traguardo raggiunto oltre la regular season è pura magia del maestro di Praga, capace di trasformare atleti in calciatori. Lo dimostra la parabola di Domingo Dalmassso, arrivato al Foggia dall’Eccellenza e clonato da Zeman in un “mini-Mancini”. Potremmo continuare con gli esempi di Gallo, Nicolao, Garattoni, Garofalo, Di Pasquale, Sciacca e potremmo aggiungere anche Merola e Ferrante, se solo fossero di proprietà rossonera. Elementi valorizzati e trasformati in terreno fertile per il futuro. Ah, nelle nostre menti c’è anche Nicoletti ceduto a gennaio.
Dare un altro anno di contratto a Zeman significa dare continuità ad un progetto tecnico inizialmente spalmato in tre anni. E la coerenza non dovrebbe mai mancare. Siamo ad un terzo del percorso e questo inizio del gruppo squadra merita un limpido 7.5.
C’è chi dice che la storia si ripete e chi invece sostiene il contrario. Una cosa è certa, a ripetersi sono le emozioni. Zdenek Zeman all’indomani dei suoi 75 anni si conferma un produttore di battiti accelerati, quei brividi che portano 1500 foggiani in trasferta a oltre 1000 km da casa. Oppure a 7528 supporters che popolano lo “Zac” contro ogni pronostico perché: “Oggi gioca il Foggia di Zeman”.
Sacchi per il Milan, Mourinho per l’Inter, Ranieri per la Roma, Trapattoni per la Juve, Zeman per il Foggia. Miti del calcio che non tramontano mai. Un evergreen di emozioni che mixano presente, passato e futuro e accendono sogni anche quando il mondo reale prova a spegnerli.
Una nuova stretta di mano tra il Presidente Canonico e il tecnico dei satanelli conviene ad entrambi. Per il patron rossonero può rappresentare il più classico “dai ai foggiani, quel che è dei foggiani”, cioè Zeman. Ancora una volta la consegna di un idolo nelle mani dei suoi adoratori. Ancora una volta potrebbe riaccendersi quel sogno segretamente nascosto: conquistare la Serie B proprio con lui, al tramonto di una carriera che ha fatto parlare tanto. E se qualcuno dovesse sbagliare, la richiesta soddisfatta è proprio quella della piazza.
Dall’altra parte, all’ombra della panchina e di settantacinque primavere festeggiate in Liguria su un sintetico che rimarrà nei ricordi dei foggiani, restare in terra pugliese significa restare a casa. Essere consapevole e certo di continuare a sentire il profumo dell’erbetta bagnata, i cori dei tifosi, la magia del calcio. Perché quando Guardiola, Klopp, De Zerbi e Nagelsmann iniziano a darsi battaglia con un calcio innovativo, non ti resta che rimanere a guardarli ricordando che un tempo quei titoli di giornali erano tutti per te. Zeman in panchina è emozione, divertimento, spettacolo, passione, credibilità e costruzione di una realtà ma anche limitazione tattica di un 4-3-3 che fu (e non che sarà). Un’idea di calcio poco predisposta a cambiamenti.
“Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto”, diceva Seneca. Diamogli ascolto e senza perder tempo è l’ora di depositare qualche contratto in Lega. Conviene proprio a tutti…
Daniel Miulli